Bosnia, un nuovo progetto di Mediterranean Hope per riqualificare il territorio di Bihac
L’ultima attività del programma migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche lungo la rotta balcanica delle migrazioni
«Nema mina, nema mina! (non ci sono mine, non ci sono mine!) la voce di un anziano che ci rassicura e ci indica la strada…»
Nasce così, da queste parole, l’idea di Francesco Bertelé e Niccolò Parigini, operatori di Mediterranean Hope, programma migranti e rifugiati della Fcei in Bosnia, di ampliare le attività iniziate lungo la rotta balcanica e in particolare la palestra di arrampicata Flamingo Loophole realizzata a Bihać.
«L’obiettivo – spiegano – è estendere l’impatto positivo di queste attività già in essere grazie alla palestra a Bihać, grazie al valore dell’attività fisica, in particolare l’aspetto terapeutico dell’arrampicata come trattamento per depressione, ansia e trauma; ma anche grazie alla riqualificazione di un territorio e della possibilità di utilizzo del bene comune da parte della comunità che lo vive». Per questo “Nema mina” è l’inizio di «un’operazione di riqualificazione del territorio attraverso l’attrezzatura professionale di alcune falesie (pareti di roccia) per l’arrampicata sportiva». Un territorio che porta ancora i segni della guerra. Dunque fare in modo che con lo sport possa tornare a essere vissuto e praticato dai cittadini e dalle cittadine «è simbolicamente importante per tutte le persone che attraversano questi luoghi», conclude Parigini.
L’intervento è stato realizzato nel corso di diverse giornate, tra sopralluoghi e attrezzatura della parete di roccia, in località Prskalo (Ripač) dal team di Mediterranean Hope, composto da Parigini, Bertelè e Lea Karam, con la collaborazione del gruppo di alpinisti ed esperti di arrampicata de I ragni di Lecco e le riprese della casa di produzione Orango.