L’avvenire del mondo affidato ad un servo debole e indifeso
Un giorno una parola – commento a Isaia 55, 5
Ascolta la meditazione:
Ecco, tu chiamerai nazioni che non conosci, e nazioni che non ti conoscono accorreranno a te,
Isaia 55, 5
a motivo del Signore, del tuo Dio, del Santo d’Israele, perché egli ti avrà glorificato
Piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni famiglia nei cieli e sulla terra prende nome
Efesini 3, 14-15
Il popolo di Israele vive in esilio a Babilonia già da tempo, la triste rassegnazione domina ormai i pensieri di gran parte di uomini e donne. Babilonia li ha sconfitti e deportati. Il loro regno non esiste più. A chi può interessare la loro sorte? Eppure, sorge tra loro un profeta, messaggero di perdono e liberazione: Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e proclamatele che il tempo della sua schiavitù è compiuto (Isaia 40, 1-2a).
Sì, il patto tra Dio e la dinastia davidica, per bontà divina, si estenderà a quanti obbediscono alla Parola di Dio. Un piccolo popolo sconfitto e prigioniero è incaricato dell’annuncio della salvezza a tutti i popoli.
L’altro giorno è morto il filosofo Gianni Vattimo, noto soprattutto per l’elaborazione del “pensiero debole” (1983), che pur tra contraddizioni e fragilità, rappresenta il tentativo coraggioso di un elogio della precarietà postmoderna. Pochi anni dopo (1992) Jean-Paul Willaime (già docente di sociologia religiosa alla facoltà protestante di Straburgo) pubblica “La précarité protestante”, testi sull’intrinseca fragilità sociologica del protestantesimo, che egli considera in qualche modo negativa. Il testo del profeta Isaia mi ha fatto pensare a questi due lavori, molto diversi tra loro, eppure riconducibili al tema della fragilità eletta. In un tempo in cui una parte del mondo cerca di affermare un pensiero forte e manifesta l’aspirazione alla supremazia di un’identità su tutte le altre, pensando che Dio abbia bisogno di essere difeso con leggi repressive dai cambiamenti sociali e politici, ho nostalgia del pensiero debole e della precarietà sociologica ed evangelica protestante. In Isaia Dio agisce attraverso il servo sofferente e a quest’ultimo, debole e indifeso, è affidato l’avvenire del mondo. La vittoria – risurrezione del Messia – passa attraverso la precarietà e la debolezza – crocifissione del Messia. Amen.