Rotta balcanica, report sulla situazione migratoria a Trieste
Più che raddoppiati gli arrivi rispetto allo scorso anno. Molte criticità e troppe lentezze e negligenze dagli enti pubblici
Nella mattina del 24 agosto, a Trieste nell’ufficio di ICS, Consorzio italiano di solidarietà, è stato presentato l’aggiornamento del report “Vite abbandonate”, comprendente i dati da gennaio a luglio 2023. È possibile
scaricarlo cliccando qui. Di seguito potete leggere invece l’analisi dei dati contenuti nel report.
Ics è un’associazione privata, laica e senza scopo di lucro che svolge un’opera di tutela a favore di richiedenti asilo, rifugiati e persone titolari di protezione temporanea o sussidiaria presenti a Trieste e in Friuli Venezia Giulia e organizza servizi di accoglienza e integrazione nell’area nord orientale.
Arrivi e vulnerabilità
Durante le attività di monitoraggio svolte nell’area di Piazza Libertà e del Centro Diurno del capoluogo friulano, mediatori e operatori hanno incontrato dall’inizio di gennaio alla fine di luglio 7890 persone provenienti dalla Rotta Balcanica. Un confronto con i dati pubblicati nel Report 2022 “Vite abbandonate”, indica che il totale nello stesso periodo considerato era stato di 3191. Una media di arrivi nel 2023 di 37 al giorno contro i 15 dell’anno precedente. Il 91,8% di essi è di sesso maschile, circa 4% femminile (sole, sole con figli o in famiglia) e il 4% bambini. I nuclei famigliari sono stati 120. Il 16% delle persone che attraversano la Rotta Balcanica che coinvolge Trieste è composta da Minori Stranieri Non Accompagnati, categoria di altissima vulnerabilità, in forte aumento rispetto l’anno precedente (11%).
Riguardo la provenienza, è evidente un aumento della componente afghana (il 73% in questi mesi del 2023, nel 2022 erano il 54%), rispetto a un calo delle nazionalità pakistana (11% contro il 25% del 2022), bengalese (3,5 % contro 6%), stabili le percentuali nepalese (il 2%, tra loro un alto tasso di donne sole) e kurda turca (il 4%, nella loro totalità significano nuclei famigliari in transito verso altre destinazioni). La destinazione dichiarata continua ad essere l’estero. Le attività della rete confermano questo dato, incontrando persone che passano pochissime ore a Trieste prima di riprendere il viaggio verso altri paesi europei. Rispetto all’anno precedente infatti vi è un aumento netto delle persone che preferiscono questa opzione, ad oggi il 72% (nel 2022 erano il 59%).
Va posta attenzione ai risultati del monitoraggio del mese di luglio: sono arrivate solo in questo periodo 2277 persone, il numero delle famiglie incontrate sono state 55 (su un totale 2023 di 120) e i Minori Stranieri Non Accompagnati addirittura il 21,5% del totale del mese. 270 persone (11,8% del mese) hanno dichiarato di voler fare domanda di asilo a Trieste, che sono andate ad aumentare le fila di chi già era sul territorio nei due mesi precedenti in attesa di entrare in accoglienza. È un dato importante, perché il mese di luglio ha significato la chiusura del progetto Emergenza Freddo del Comune, riducendo significativamente i posti in accoglienza a rotazione nei dormitori di bassa soglia della Comunità di San Martino e Caritas, fondamentali per venire incontro alle situazioni di emergenza e vulnerabilità che spesso le organizzazioni si trovano a dover affrontare quotidianamente, costringendo alla strada moltissime persone in stato di necessità. Una delle strutture più efficaci per intervenire in ottica di riduzione del danno come l’Hotel Alabarda che accoglie donne sole e famiglie, nelle ultime settimane si è trovata senza disponibilità di posti letto, generando un’emergenza che ancora perdura e rendendo impossibile l’accoglienza di questi casi fragili.
Stato dei trasferimenti e delle accoglienze
Il rallentamento delle procedure di trasferimento e ricollocazione dei richiedenti asilo in altre regioni italiane a cui abbiamo assistito nel 2022 è continuato anche nei primi mesi del 2023, con eccezione dei mesi di febbraio e marzo, ed è andato peggiorando fino ad arrivare ad un blocco pressoché totale nei mesi estivi – quelli in cui è prevedibile avere un incremento degli arrivi di richiedenti asilo.
Dopo il mese di marzo che aveva notevolmente abbassato il numero di persone in strada e ridotto i tempi medi di attesa per l’ingresso nelle strutture di prima accoglienza, siamo dunque tornati in una situazione di forte emergenza, chiaramente creata artificialmente. Ciò si verifica non tanto per l’aumento dei flussi di arrivo, che hanno visto solo un piccolo incremento rispetto ai mesi precedenti, quanto invece all’ennesima paralisi nei trasferimenti. A ciò si è aggiunta la decisione della Prefettura di ridurre la capienza di uno dei centri di prima accoglienza, l’Ostello scout di Prosecco (con la conseguente chiusura di un’intera camerata), passata a 75 richiedenti asilo rispetto ai precedenti 95, che ha quindi costretto a limitare le accoglienze successive alle partenze.
Nonostante la situazione di emergenza fosse totalmente prevedibile, nel corso del 2023 non è stato dato avvio ai lavori presso l’Ostello per la creazione di una nuova fognatura con l’installazione di moduli abitativi ma neppure vi sono state collocate in via provvisoria delle tende con relativi servizi igienici chimici. Tale scelta avrebbe potuto assicurare il raggiungimento di almeno 200 posti complessivi nella struttura, alleggerendo parzialmente la gravissima situazione di abbandono in strada dei richiedenti asilo.
Di fronte al numero sempre più elevato di richiedenti asilo che si trovano in strada e al blocco dei trasferimenti nessuna misura di emergenza è stata adottata dalla Prefettura – Ufficio territoriale del Governo per mitigare la situazione. Tale quadro di generale inerzia ha colpito anche le situazioni più vulnerabili tra i richiedenti, quali persone traumatizzate, persone con patologie mediche evidenti, persone appena dimesse dalle strutture ospedaliere locali: tutte indistintamente sono state abbandonate in strada senza curarsi delle loro condizioni.
L’esplosione nel 2022 del fenomeno delle persone richiedenti asilo abbandonate in strada, ha raggiunto nei mesi estivi del 2023 dei numeri ancora eccezionalmente elevati: al 22 agosto sono più di 494 richiedenti asilo che sono costretti a vivere per strada, con una permanenza all’addiaccio che arriva a più di 3 mesi per almeno 74 persone, prima di poter accedere al sistema di prima accoglienza previsto dalla legge.
Di fronte a questo scenario, tristemente non inusuale, le organizzazioni della società civile impegnate a Trieste continuano in forma volontaria a dare supporto alle centinaia di persone abbandonate a loro stesse, a monitorare in maniera indipendente gli sviluppi, a rendere la Prefettura edotta della situazione in cui versano i richiedenti asilo privi di accoglienza, comunicando in maniera più circostanziata possibile il loro numero, i tempi di attesa e le situazioni più vulnerabili. Questo lavoro è stato svolto anche per mezzo di 10 segnalazioni formali inviate alla Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Trieste dal Consorzio Italiano di Solidarietà (ICS) tra gennaio e agosto 2023 via PEC; segnalazioni rimaste, purtroppo, senza risposta. Nel periodo menzionato sono state censite 1202 persone richiedenti asilo in stato di indigenza che non hanno avuto accesso tempestivo alle misure di accoglienza, in violazione di quanto previsto dalle normative vigenti (sono invece 2.068 le persone riportate nelle segnalazioni formali: con l’incremento dei tempi di attesa, infatti, molte persone sono state segnalate anche più volte prima di ricevere adeguate misure di accoglienza). L’ultima segnalazione, quella che meglio dipinge la situazione ormai fuori controllo, è quella del 22 agosto 2023. Alla Prefettura sono state fatte pervenire le generalità delle 494 persone fuori accoglienza, di cui 74 da maggio 2023, che avevano quindi raggiunto i 3 mesi di attesa.
Raccomandazioni
Come già evidenziato nel rapporto “Vite Abbandonate” è inderogabile ed urgente mettere in atto da parte delle pubbliche autorità le seguenti iniziative urgenti al fine di contenere una situazione che ha assunto il profilo di una vera emergenza umanitaria:
1) La Prefettura di Trieste e il Ministero dell’Interno, nell’ambito delle rispettive competenze, devono immediatamente riprendere l’attuazione di un piano di sistematici trasferimenti dei richiedenti asilo dalle aree di confine tramite l’assegnazione di quote adeguate. La situazione di evidente difficoltà conseguente al netto incremento degli arrivi nel Mediterraneo può in parte giustificare il fatto che la quota assegnata a Trieste e al resto del FVG non sia del tutto adeguata ma in nessun caso si può giustificare la totale assenza di quote, come invece sta avvenendo da giugno 2023.
Un’attenzione specifica va riservata alle situazioni maggiormente vulnerabili (famiglie con minori, donne sole, malati, persone vittime di traumi) alle quali in ogni caso va garantita una temporanea accoglienza in ogni caso, se necessario in mancanza di posti, attraverso la collocazione in strutture alberghiere.
2) Il Comune di Trieste deve assumere piena conspaevolezza del fatto che la città, per la sua collocazione geografica quale terminale della rotta balcanica, si trova ad affrontare problematiche di intervento di “bassa soglia” più simili a quelle di un’area metropolitana che non a quelle di una città di media dimensione. In tale ottica è necessario implementare un Piano di intervento umanitario che sia attivo anche al di fuori del periodo invernale e che consenta di assicurare posti di accoglienza notturna presso il sistema dei dormitori a bassa soglia con alta turnazione per una capienza complessiva di almeno 100 posti letto giornalieri da destinare a tutte le persone in transito e ai richiedenti asilo nelle more del loro tempestivo passaggio al sistema di accoglienza loro dedicato previsto dalle normative vigenti. Tale Piano deve prevedere altresì un reale sostegno alle attività del Centro Diurno di via Udine quale luogo cruciale della prima assistenza umanitaria. Si sottolinea nuovamente come gli interventi di assistenza oggi realizzati presso il Centro Diurno di via Udine sono quasi interamente a carico delle associazioni di volontariato per ciò che riguarda i costi degli interventi e quello relativo al personale che gestisce la struttura, nonché la mediazione linguistica. Si tratta di una situazione insostenibile nel lungo periodo; qualora infatti, per mancanza di risorse, l’attività attuale presso il Centro Diurno dovesse cessare, la situazione umanitaria a Trieste diventerebbe immediatamente drammatica e di ciò le istituzioni devono essere consapevoli.
3) La ASUGI (Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina) dovrebbe far fronte in maniera più attenta ai numerosi bisogni di cure mediche delle persone migranti, anche prive di documenti, superando il mero rinvio al pronto soccorso nei soli casi di estrema urgenza e provvedendo a un rifornimento costante e sistematico di medicinali nonché alla messa a disposizione di in servizio di mediazione culturale presso il Centro Diurno.