Un cuore per conoscere Dio

Un giorno una parola – commento a Geremia 24, 7

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Darò loro un cuore per conoscere me che sono il Signore 

Geremia 24, 7

Paolo scrive: «Pregate nello stesso tempo anche per noi, affinché Dio ci apra una porta per la parola, perché possiamo annunciare il ministero di Cristo»

Colossesi 4, 3

Avere un cuore. Trovare un centro alla propria esistenza, perlopiù dispersa in mille faccende, dissipata in sempre nuove preoccupazioni. Per noi umani, non è la sfida di tutta una vita avere un cuore? E non è proprio questo lavoro interiore di consapevolezza di sé il compito preliminare ad ogni forma autentica di relazione, anche con Dio? Non lo dice anche il Vangelo? “Ama il prossimo tuo come te stesso”. 

Penso che sia l’affermazione di Gesù oggi più citata. Il problema è che la leggiamo entro i limiti della nostra attuale comprensione del mondo, quella in cui tutto gira attorno al nostro piccolo io. Un medesimo sguardo ristretto rilegge la sfida della consapevolezza, secondo un gergo dell’autenticità che è ancorato al nostro piccolo “io”. Il cuore, di per sé, parla di un “partire da noi” per andare “oltre noi”. Ma noi siamo affascinati solo dal primo tempo della partita e continuiamo a girare a vuoto, a girarci intorno. 

E se il cuore, invece che un centro faticosamente conquistato, o pigramente difeso, fosse dono di altri? E se Dio, invece che risposta alla nostra domanda di autenticità, fosse un’altra, differente domanda? Se fosse Lui a darci un cuore, un centro eccentrico, un organo in grado di aprirsi all’altrove, perché libero dal ripiegamento su di sé?

Spiazzati da un dono che mette sottosopra il nostro immaginario umano e religioso, un dono che cambia le consegne, insieme a Salomone possiamo provare a distogliere lo sguardo da noi stessi per rivolgerlo a Dio dicendogli: “dammi un cuore capace di ascoltare”. Amen.