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Maschile e femminile, nuovi sviluppi teologici

Il primo panel, lunedì 24, della sessione Sae 2023, «Ascoltare un tempo di cambiamento», ha visto coinvolte la prof. Debora Spini (docente di Filosofia politica e sociale alla New York University di Firenze e alla Syracuse University di Firenze) e la teologa Lucia Vantini, presidente del Coordinamento Teologhe italiane.

Spini ha ripercorso vari momenti, varie fasi di sviluppo dei femminismi lungo la storia, a partire dal femminismo egualitario incarnato dalle suffragette americane che chiedevano il diritto di voto, per proseguire con la seconda ondata, attorno al ‘68, e poi alla terza, con il femminismo della differenza con i testi di Luce Irigaray. Il corpo non è un incidente ma si deve pensare a partire dal corpo. Quella dei femminismi è peraltro un’evoluzione continua: oggi si parla di transfemminismo, perché il femminismo della differenza rischiava l’essenzialismo. Venendo all’oggi, per i femminismi ci sono due sfide molto importanti: la tentazione di essere arruolato dal capitalismo nella difesa di un modello di soggetto competitivo e il rischio dell’arruolamento del femminismo nel neoautoritarismo.

Per Lucia Vantini, nella libertà delle donne «è racchiusa una promessa che fa bene al mondo intero». Un nuovo orientamento «fa bene agli uomini, perché possono finalmente smarcarsi da un patriarcato che li costringe a nascondere emozioni e ferite; fa bene agli altri esseri viventi e alla natura, perché questi smettono di essere oggetti nelle mani del dominio maschile; fa bene alle nostre narrazioni, perché ritrovano la pluralità delle vite e i nodi rimossi del reale; fa bene alla cultura, perché si apre finalmente a una memoria più giusta e a una speranza più audace».

Ha chiuso la prima intensa giornata di lavori la celebrazione ecumenica preparata dal gruppo composto da Luca Baratto, Alessandro Martinelli, Margherita Bertinat ed Edda Possamai. Attorno alla croce fatta con legni di barche affondate a Lampedusa, nella riflessione sulla Parola di Dio sono sorte alcune domande e una preghiera: «Quale mondo costruiamo se facciamo delle persone una merce? Se uccidiamo le nostre compagne e inquiniamo la terra? Domaci una visione del mondo piena di opportunità per tutte e tutti».

Un contributo singolare è stato quello del secondo panel da parte della pastora valdese Ilenya Goss, medico, in servizio pastorale a Mantova, e del teologo cattolico Roberto Massaro, dell’Associazione teologica italiana per lo sviluppo della morale (Atism), di Bari. Entrambi nutriti di studi filosofici e teologici ed esperti di bioetica, hanno preparato a due mani seppur da prospettive il contributo sul tema: «Umano plurale, tra la Scrittura e l’oggi».

Il filo conduttore è stato quello dell’ascolto: del mondo contemporaneo, delle scienze e della Bibbia. L’introduzione, con un messaggio video da Tik tok di Rosa Chemical sulle motivazioni del suo bacio in bocca a Fedez sul palcoscenico di Sanremo, è stata una provocazione intellettuale. «Un minuto su Tik tok vale più di una mia lezione – ha detto Massaro parlando del modo di comunicare delle nuove generazioni –. Veniamo da una storia che ha visto cambiare il tema della sessualità, il modo di percepire la relazione sessuale e la famiglia. Il modello tradizionale di famiglia è in crisi, non è più univoco. Ci sono famiglie monogenitoriali, allargate, queer». «Alla luce di alcuni sviluppi delle neuroscienze – ha proseguito il teologo – cerchiamo di reimpostare anche l’espressione teologica partendo dall’idea che gender non è una parolaccia ma un concetto sia euristico sia analitico che ci aiuta a distinguere e ci permette di aprirci a una nuova riflessione tra natura e cultura».

Ilenya Goss ha proposto una nuova ermeneutica che sia in grado di cogliere nel testo biblico l’intreccio di voci diverse e anche le voci delle donne. In Genesi 1 – ha detto – ci sono le parole immagine e somiglianza e adam come un essere umano “maschio e femmina”, mentre dal secondo capitolo questa parola, che richiama gli elementi della terra e del sangue, scivola verso un sinonimo di essere umano maschile, Adamo, che ha un derivato, Eva. La teologa ha poi utilizzato un’ermeneutica che fa scaturire significato anche dai contrasti e ha lanciato delle suggestioni sulle parole immagine – ciò che emerge dalla creazione stessa – e somiglianza, intesa più come un divenire. L’essere umano creato a immagine è chiamato a realizzare la somiglianza. Portando il discorso al Nuovo Testamento, Goss ha osservato che nella lettera ai Galati (3, 27-28) Paolo non sta annullando la differenza in un unicum indifferenziato ma sta dicendo che non ci sono più elementi discriminanti che generano una lotta di potere né un dispositivo vincolante per natura. Riprendendo le parole del sottotitolo della sessione Sae – «Edificati insieme per diventare abitazione di Dio (Ef 2, 22)» – siamo di fronte a un’umanità plurale in ogni forma di differenziazione.

La prima meditazione biblica della sessione («Dio maschile femminile: una meditazione ebraica») è stata affidata a Marco Cassuto Morselli, presidente della Federazione delle Amicizie ebraico-cristiane in Italia. Il tema su cui si è soffermato ha uno stretto legame con il tema della sessione. Il brano proposto (Is 66, 13), che parla della consolazione di Israele, mostra come nella Bibbia le immagini per dire Dio non siano solo maschili: «Come un uomo è consolato dalla propria madre, così Io vi consolerò e in Yerushalaim sarete consolati». Attraverso varie citazioni, Ha-Shem (il Nome) appare come Colei che fa partorire, che nutre al seno, che porta in braccio, che accarezza sulle ginocchia. «Sono versetti da sala parto, da scuola materna che si affiancano a tanti altri analoghi presenti nei Salmi», ha commentato lo studioso ebreo, che ha rilevato anche come nei secoli sia prevalso l’aspetto maschile e paterno della Divinità, «tanto che quando Giovanni Paolo I parlò di Dio come madre le sue parole suscitarono grande scalpore. Eppure, come abbiamo visto, nelle Scritture non mancano riferimenti all’aspetto materno della Divinità. Non si tratta di voler piegare i testi biblici alla sensibilità odierna, ma si riscoprire in essi aspetti trascurati da una cultura patriarcale e maschilista». Il docente porta altri esempi della pluralità per dire Dio nelle Scritture ebraiche: «Elohim è un plurale maschile, e la sigla impronunciabile, il Tetragramma, non è né maschile né femminile o è sia maschile sia femminile». Così come è sia maschile sia femminile la creatura a immagine di Dio che appare in Genesi 1,26-27.



Nella foto di Laura Caffagnini Erica Sfredda e Marco Cassuto Morselli