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L’uguaglianza di genere arretra

Il titolo della newsletter di Statista (ente che si occupa di elaborazione dati) attira l’attenzione. Evidenziando un recente rapporto del World Economic Forum, si afferma che, in base alle tendenze attuali, ci vorranno altri 131 anni per colmare il divario globale di genere, il 30% di tempo in più rispetto alla previsione del 2020.

Il rapporto Global Gender Gap 2023del Forum economico mondiale osserva che 131 anni rappresentano soltanto la media. La parità politica effettiva di genere è stimata in 162 anni.

Il rapporto ha analizzato quattro serie di indicatori: partecipazione economica e opportunità, livello di istruzione, salute e sopravvivenza e reale partecipazione politica.

L’impatto economico della pandemia è il fattore principale della battuta d’arresto, e mentre il tasso di progresso di alcuni Paesi verso la parità di genere si è ripreso, molti altri rimangono stagnanti o continuano a diminuire. I primi nove Paesi che hanno colmato almeno l’80% del loro divario di genere sono Islanda, Norvegia, Finlandia, Nuova Zelanda, Svezia, Germania, Nicaragua, Namibia e Lituania. Gli Stati Uniti, il Canada e la Svizzera sono tra i Paesi che stanno ancora arretrando.

Esaminando la rappresentazione delle donne nei media, il Global Media Monitoring Project ha stimato che, a parità di condizioni, ci vorranno almeno altri 67 anni per colmare il divario di genere nei media tradizionali.
Una rappresentazione equa e paritaria delle donne nei notiziari è un riflesso e un motore dell’uguaglianza di genere. Le donne mostrate e citate come leader ed esperte influenzano il dibattito pubblico e dimostrano in modo tangibile a tutte e tutti le opportunità e le possibilità che le donne hanno nella vita pubblica.

Ma negli ultimi anni è diventato più evidente anche l’abuso che le donne dalla vita pubblica ricevono online. La misoginia, le molestie e le violenze online hanno spinto molte donne al silenzio o alla chiusura. Come una parlamentare tanzaniana ha recentemente condiviso con lo staff della Wacc (Associazione mondiale per la comunicazione cristiana), gli abusi online inducono le donne a prendere in considerazione l’idea di entrare in politica per evitare i social media, diminuendo notevolmente la loro visibilità e le possibilità di essere elette.

Il rapporto del World Economic Forum sottolinea anche il divario di genere nell’accesso al digitale: «L’apprendimento online offre flessibilità, accessibilità e personalizzazione, consentendo di acquisire conoscenze in un modo che si adatta alle loro esigenze e circostanze specifiche. Tuttavia, donne e uomini non hanno attualmente pari opportunità e accesso a queste piattaforme online, dato il persistente divario digitale. Anche quando utilizzano queste piattaforme, si riscontra un divario di competenze tra i due sessi, soprattutto per quanto riguarda le competenze che si prevede diventeranno sempre più importanti e richieste. I dati di Coursera (azienda statunitense che opera nel campo delle tecnologie didattiche fondata da docenti d’informatica dell’Università di Stanford) suggeriscono che a partire dal 2022, con l’eccezione dei corsi di insegnamento e tutoraggio, ci sarà una disparità di iscrizioni in tutte le categorie di competenze».
Il rapporto prosegue osservando che quando le donne si iscrivono, «tendono a raggiungere la maggior parte dei livelli di competenza nelle categorie di abilità studiate in meno tempo rispetto agli uomini».

La rappresentazione nelle notizie, l’accesso al digitale e la cyber-violenza sono solo alcuni dei fattori fondamentali della giustizia comunicativa nelle lotte per l’uguaglianza di genere. Il rapporto dimostra ancora una volta che finché i diritti alla comunicazione non saranno rispettati e soddisfatti, il raggiungimento di altri diritti e, in ultima analisi, dell’uguaglianza, rimarrà fuori portata.

Gianluca Fiusco, responsabile della comunicazione della Chiesa evangelica luterana in Italia (Celi) e membro del Comitato esecutivo della Wacc, sul sito della Celi ha così commentato i dati: «Il fatto che l’Italia sia sostanzialmente ferma non è confortante. Il nostro Paese si trova al 79mo posto su 146 Paesi. Nel dettaglio degli indicatori individuati siamo al 104mo posto per partecipazione alle opportunità economiche (che significa sostanzialmente professioni, mercato economico del lavoro, etc…). Ed al 60mo posto per livelli di istruzione paritari, al 95mo per la salute e cure e 64mo per partecipazione politica paritaria».
«Quest’ultimo dato in particolare, prosegue Fiusco, è emblematico. Nonostante la società italiana abbia espresso una leadership femminile, (Presidente del Consiglio dei Ministri e principale leader dell’opposizione), ciò non ha prodotto una reale inversione di tendenza».
«È evidente, conclude il responsabile comunicazione Celi, che se le differenze più marcate rimangono in settori nevralgici come il mercato economico e del lavoro, o nelle Istituzioni, il compito sarà sempre più difficile».
L’Associazione mondiale per la comunicazione cristiana (Wacc) è un’organizzazione non governativa che si basa sui diritti della comunicazione per promuovere la giustizia sociale.