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Migranti e rifugiati nei media

Un recente rapporto della Bbc (e pubblicato su The Guardian) – ricorda il sito dell’Associazione mondiale per la comunicazione cristiana (Wacc) – analizza l’ampia gamma di “punti di vista” in tema di migrazioni e quanto questi siano in grado di condizionare tutti gli aspetti della copertura mediatica, dedicata all’immigrazione […].
Negli ultimi anni e in diversi paesi l’aumentato livello di flussi migratori ha portato a una profonda polarizzazione in tema di narrazione pubblica del fenomeno. La disinformazione e la mitizzazione hanno preso piede, mentre la comunicazione reale (ossia quella basata sull’evidenza dei fatti e dei dati) ha avuto uno scarso impatto sull’opinione pubblica.
La Wacc in passato diffuse una ricerca, era il 2017, nella quale rilevava che: solo il 21% delle notizie erano effettivamente dedicate al tema asilo e migrazioni e che in quel 21% meno della metà citava espressamente i rifugiati, i migranti e le loro storie. Dunque, i rifugiati e i migranti erano «visti» solo come un fenomeno sociale complessivo legato allo spostamento. La ricerca della Wacc sottolineava poi l’importanza deontologica e etica di ogni singolo giornalista e dei codici professionali disponibili, ribadendo così la necessità di instaurare fiducia nel lettore e soprattutto tra i gruppi di rifugiati: dando voce alle diversità, alle pluralità e alle esperienze e alle competenze degli stessi […].
«Dato il numero crescente di disastri umanitari nel mondo e il crescente impatto dei cambiamenti climatici (fattori scatenanti di migrazioni), sempre più persone saranno in movimento». Dunque, ricorda ancora la Wacc, «Rapporti e rappresentazioni equilibrate saranno sempre più cruciali per la stabilità sociale e per un processo decisionale imparziale. Con un’attenzione particolare ai fenomeni discriminatori, agli atteggiamenti razzisti e alle narrazioni dedicate al tema del colonialismo».