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«Chiese inclusive per donne nuove e uomini nuovi»

Torna dal 23 al 29 luglio, alla Domus Pacis di Assisi, la sessione di formazione del Segretariato attività ecumeniche (Sae), alla sua 59ma edizione.
Come ci spiega la presidente Erica Sfredda, si tratta di «momenti di studio e crescita comune: quindi non un semplice convegno di studio, ma un percorso che si fa insieme, con attività laboratoriali in piccoli gruppi, momenti di preghiera e di culto condotti dai rappresentanti delle varie confessioni, e pause per conoscersi meglio».

Sfredda ricorda anche alcune particolarità dell’associazione, nata nel 1966, e oggi guidata per la prima volta da una protestante: innanzitutto «l’interconfessionalità: sono soci, con pari diritti e responsabilità, i membri delle varie confessioni cristiane. L’altro aspetto importante è che un’associazione di laici: i pastori protestanti e i presbiteri cattolici e ortodossi non possono essere membri effettivi, perché si presuppone che siano legati a una certa “lealtà” alle proprie chiese, data dal loro ruolo, mentre l’associazione vuole mantenersi libera e indipendente. I membri sono quindi laici in questo senso, ma anche in quanto adulti che si assumono la responsabilità del proprio percorso di fede in quest’ottica ecumenica». Terza caratteristica, «un forte bibliocentrismo che conduce a un forse cristocentrismo: non si cercano tanto le differenze tra gli uni e gli altri, ma ci si interroga sui grandi quesiti della fede leggendo insieme la Bibbia, e quindi imparando a ricevere i doni che gli altri hanno ricevuto dallo Spirito: camminiamo insieme non nonostante le nostre differenze, ma proprio grazie a esse, perché le ricchezze degli altri possono diventare anche le nostre».

Il titolo di quest’anno è intrigante, «Chiese inclusive per donne nuove e uomini nuovi». Spiega ancora Sfredda: «Ci era stato chiesto di lavorare sul tema “donne”, ma il Comitato esecutivo, avvalendosi del Comitato esperti, si è orientato in particolare sulla relazione tra uomini e donne all’interno della vita di fede. Svilupperemo tre filoni: uomini e donne nelle nostre chiese, che hanno compiuto percorsi molto diversi, quindi ci confronteremo a partire dalle varie situazioni; uomini e donne nella Bibbia, partendo dagli studi teologici degli ultimi decenni; infine, il tema del genere: siamo uomini e donne anche nella vita e le chiese non possono non interrogarsi su che cosa significhi essere uomo, donna, anche alla luce dell’attuale contestazione della visione binaria, e sul concetto di maschilità. Ci concentreremo poi sul tema delle famiglie, delle discriminazioni di genere, degli stereotipi».

Saranno trattati anche altri argomenti, dagli eco-femminismi, a spiritualità e corpo nella danza, all’uso del linguaggio, e dialogheranno come da tradizione non soltanto le varie “famiglie” cristiane (ortodossi, cattolici, protestanti, questi ultimi rappresentati da avventisti, battisti, metodisti e valdesi), ma anche partecipanti del mondo ebraico e musulmano. I primi, presenti da sempre: «Fin dalle origini del Sae c’è la consapevolezza che il dialogo ecumenico non può che partire dalla nostra origine comune, quella ebraica, e ricordo che la giornata di studio dell’ebraismo (17 gennaio) si svolge anche grazie all’intervento diretto della fondatrice e prima presidente del Sae, Maria Vingiani, dopo l’incontro con lo storico francese Jules Isaac, ispiratore della nascita dell’Amicizia ebraico-cristiana». La presenza musulmana non è stata sempre costante, e soprattutto non è molto numerosa (trattandosi inevitabilmente di un incontro di taglio cristiano), ma anch’essa è di lunga data.

Riguardo alla partecipazione, la presidente osserva che indubbiamente la maggior parte proviene dal mondo cattolico, ma in percentuale anche la presenza protestante non è trascurabile, sia tra i relatori sia nel pubblico. «La mia speranza è di allargare la partecipazione protestante, perché questo è un momento di scambio e comunione reali. Il dialogo ecumenico e interreligioso porta inevitabilmente a un’apertura di mente e di cuore nel senso dell’accoglienza. Siamo ecumenici non per principi astratti, ma perché accogliamo dentro di noi l’idea che il Signore ha parlato sia a me che a te, che a loro. Se entro in quest’ottica è più facile accogliere il “diverso”, che non è più tale».

E auspica anche un ritorno dei giovani: «Quando ero giovane, la componente giovanile era altissima, circa il 30% dei partecipanti. Purtroppo, negli ultimi anni è calata moltissimo. Da presidente, insieme al Comitato esecutivo mi sono posta l’obiettivo di riaprire ai giovani, che sono un interlocutore necessario, tanto più nel dialogo di fede. Abbiamo bisogno di ascoltare che cos’hanno da dirci ragazzi e ragazze con storie, percorsi, culture diverse. Abbiamo anche delle borse di studio per facilitare la partecipazione, ma vorremmo anche stimolare a partecipare la fascia intermedia, quella dei 40-cinquantenni».