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Giornata per la lotta all’omobitransfobia «La resistenza è un lavoro sacro»

Sabato 27 maggio nella chiesa valdese di via dei Cimbri a Napoli si è svolta una veglia ecumenica molto partecipata. Sin dal 2007 le chiese evangeliche napoletane, assieme a un numero crescente di realtà associative e parrocchiali del mondo cattolico romano, si riuniscono in occasione del 17 maggio, giornata internazionale per la lotta all’omobitransfobia, per celebrare le veglie di preghiera in memoria delle vittime di queste discriminazioni e per pregare assieme che tutto ciò non debba più accadere a nessuno.

Quest’anno la veglia è stata organizzata da: chiesa valdese di Napoli, chiesa cristiana del Vomero, chiesa metodista di Napoli e diaspora casertana, Gruppo di cristiani Lgbti+ «Ponti da costruire», dall’Agesci (Associazione Guide e Scouts cattolici italiani) Zona Caserta e dal Gruppo Agesci Caserta 2.
Tutte queste realtà si riuniscono assieme ancora una volta per condividere il messaggio di amore e di accoglienza, di testimonianza e di presenza, che, come cristiani, riteniamo di dover annunciare a tutte le persone Lgbtqi+, e non solo.

In questa occasione gli organizzatori hanno proposto un manifesto con un appello rivolto alle chiese, dal titolo: «Essere santuario», sottoscritto dalle realtà organizzatrici e da tutti i e le presenti anche di altre chiese.
Ne riportiamo il testo.

«Essere santuario, vogliamo essere santuario: la resistenza è un lavoro sacro, ecco perché è il nostro lavoro.
Il Sanctuary Movement si rifà alla tradizione biblica (Num. 35,9-34), ripresa poi nella cultura del Mediterraneo Antico e nel Medioevo, periodo in cui chi riusciva a trovare rifugio in un luogo sacro o asilo in una città aveva il diritto ad essere protetto. Luoghi in cui chiunque vivesse un’esperienza di esclusione, di pericolo, di difficoltà, potesse essere accolto, anche a dispetto della legge.
Questa tradizione si è rinvigorita negli Usa negli anni Ottanta del Novecento, quando Reagan deportava i profughi nicaraguensi o salvadoregni nei loro Paesi dove li attendeva la fucilazione. Più di 500 chiese si costituirono in “santuario” e molti vennero salvati da morte certa. Con la presidenza Trump, il problema si è riproposto di nuovo. E così ben 700 istituzioni (chiese protestanti come cattoliche, ma anche università, contee e perfino uno Stato come la California) hanno iniziato a offrire “asilo” a chi rischiava di essere deportato rischiando la vita.

Questo movimento è uno straordinario stimolo, una richiesta di coraggio per le chiese tutte: cattoliche, valdesi, luterane, battiste, metodiste ed evangeliche presenti sul nostro territorio.
Una richiesta alle Chiese di essere avanguardie, di anticipare i bisogni, raccogliere le istanze, accompagnare le vite delle persone, riconoscere la centralità delle persone stesse prima delle norme: un rifugio dove la protezione di Dio, in qualsiasi forma noi lo intendiamo, prevale su qualsiasi tipo di autorità burocratica.

La società respinge, ferisce, non riconosce, il santuario sfida, dà dignità al bisogno del singolo, riconosce la centralità della realizzazione del proprio progetto umano.
La nostra presenza qui stasera è l’affermazione evidente a fare delle nostre Chiese dei luoghi santuario, a farci lievito nelle nostre comunità di appartenenza di questa ispirazione, di far sì che persone e strutture religiose incarnino questa missione: le nostre Chiese non sono solo luoghi in cui non può esserci spazio per qualsiasi forma di violenza, discriminazione, esclusione esercitata o implicita, ma siano soprattutto luoghi per includere tutte quelle persone che hanno un’ identità di genere e/o sessuale non conforme al modello culturalmente condiviso, a favore di un più ampio ventaglio di possibilità in cui ciascuno può affermarsi nella propria individualità.

Chiediamo che le nostre Chiese non ammettano gesti e linguaggi che feriscano, umilino e stereotipizzino l’identità dell’individuo rispetto al gruppo sociale, escludano tutte quelle invalidazioni, quei messaggi che negano, escludono non riconoscono le emozioni, i pensieri, i progetti che portano alla piena realizzazione di sé, come individui, come persone inserite e riconoscibili socialmente e nelle Chiese. Le chiese hanno storicamente esercitato un enorme potere sulla società italiana. Il cattolicesimo gioca ancora un ruolo enorme nella politica riguardante le famiglie e la sessualità: le libertà civili non sono una minaccia all’istituzione della famiglia ma ci fanno riflettere sulle nostre abitudini nel ricondurre al solo ordine naturale questioni come il genere, la sessualità, la riproduzione e la parentela, che invece hanno anche aspetti culturali e storici.

Chiediamo che le nostre Chiese facciano di più: arrivino prima della società: I cristiani, all’interno di comunità “locali” e “piccole” non siano una polis parallela ma siano polis della felicità profonda.
Perciò, le chiese santuario adempiono a un doppio ruolo: non solo rappresentano una ribellione a qualsiasi forma di discriminazione ma assicurano anche a quest’ultimi l’appartenenza a un concetto più ampio di cittadinanza.

Siano alternativa: smantellino prigioni, condizioni legali, sociali ed economiche ingiuste. Adempiano al mandato cristiano originario: creare un mondo positivo, di accoglienza e unitarietà.
La resistenza è un lavoro sacro. Ecco perché è il nostro lavoro».