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Il richiamo misterioso di una monaca ribelle

«L’occasione felice della presentazione del romanzo di Pina Mandolfo, Lo scandalo della felicità, che tratta della storia drammatica, in una Palermo seicentesca, della Principessa Valdina, costretta forzatamente dal padre alla monacazione, ha permesso questo primo incontro – avvenuto on line il 26 maggio 2023- tra il laboratorio Re-in-surrezione (Re-insurrezione comprende donne e uomini appartenenti ad associazioni: Donne per la Chiesa, Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne, l’agenzia Adista, che da anni si espongono per far emergere e smascherare le dottrine, le pratiche e le condotte misogine che governano la Chiesa cattolica; la rete comprende inoltre alcune persone che fanno parte di aggregazioni che raggruppano chi è stato manipolato e abusato in congregazioni o in contesti ecclesiali) e la Società Italiana delle Letterate. È evidente a chi frequenta entrambe le associazioni, come la sottoscritta, individuare con facilità i punti di contatto tra queste due speciali aggregazioni di donne».

Dopo la introduzione della conduttrice Clelia degli Esposti, con queste parole ha esordito Floriana Coppola, in apertura dell’incontro. E indicava fra l’altro, nel suo articolato discorso, punto per punto, le convergenze delle due associazioni, le cui ispirazioni riassumo ora brevemente: essere autonome e indipendenti da istituzioni, privilegiare il confronto dal basso di donne provenienti da etnie, fedi e culture diverse; darsi come compito la denuncia degli aspetti violenti, aggressivi e manipolatori del patriarcato; assumere la pratica femminista del partire da sé; promuovere la consapevolezza della necessità di liberarsi dagli stereotipi tradizionali del femminile e del maschile.
La doppia motivazione che ha ispirato quest’appuntamento è stata infatti quella di presentare, insieme all’autrice, un romanzo davvero coinvolgente, un «romanzo della memoria» nell’orizzonte della letteratura femminista italiana, come ama dire la stessa autrice; e – altro obiettivo fondamentale – creare un ponte tra due realtà femministe, istituire una possibilità di comune ricerca verso forme di “felicità”, abbattendo assetti di identità imprigionate da stereotipi avvilenti, scardinando le mentalità maschili che di tali stereotipi si servono per perseverare i loro privilegi, smascherando i modelli costruiti su valori patriarcali interiorizzati dalle donne, perché inculcati loro fin da bambine.

Dare visibilità a una “presa di parola pubblica” femminista e fare “festa” per un ritrovarsi alleate sono stati evidentemente altre motivazioni sottaciute, ma loquaci di per sé, nell’evidenza del momento.
Oltre a Floriana Coppola, che ha aperto, sono poi intervenute Margherita Cogo, Marzia Benazzi, Paola Cavallari, che hanno preceduto l’intervento finale dell’autrice del libro, Pina Mandolfo. Impossibile qui è dare conto dell’ampiezza delle questioni che sono emerse.

Per sommi capi, riporto in una breve sintesi i temi su cui maggiormente si è posta attenzione. Si è andati dalla costruzione di una necessaria genealogia per i saperi delle donne, alla abilità con cui Mandolfo, nel suo corpo a corpo con la protagonista, ha trascinato tutte le lettrici nella stessa spirale di corpi ; dalle fecondissime relazioni che tre donne personagge (la protagonista, Anna, un’altra monaca anche lei costretta al convento, Beatrice e Giovanna, la “creata” ovvero la serva di Anna) istaurano, alla perfidia e viltà di un patriarcato che, allora come ora (sebbene ora adotti strategie più pervasive e sofisticate) utilizza i suoi sistemi di manipolazione e controllo sui corpi delle donne, esseri a disposizione, secondo le loro prospettive; dall’aver trovato nell’opera un “crocevia di sentieri” dentro lo spazio di un pensiero radicale (“Perché il femminismo è radicale, o non è”), che ospita quell’ “imprevisto della storia” che sono legami tra donne, che possono finalmente “toccarsi”, alla necessità di una “militanza politica tenace e irriducibile” per completare il lento e faticoso cammino della liberazione dagli stereotipi di genere, che ancora opprimono le relazioni tra donne e tra donne e uomini; dalla fertilità del tema dell’ “attesa” (dell’avvento della libertà, di cui Anna è protagonista indefessa) che coinvolge le donne “credenti” in relazioni redente, all’emozione che le parole di Beatrice “Fui io la tradita per prima” hanno sollevato, frase con cui ella narra la “colpa” di cui è accusata: tutte noi donne siamo sempre tradite per prima, o da genitori o da partner, ma ancor di più dalla colonizzazione simbolica che ci ha sottratto le potenzialità di accedere alla soggettività, ad una piena cittadinanza, ad una libera ricerca spirituale.

È poi stato osservato da una partecipante che l’ “eterno presente”, su cui Pina M. aveva argomentato, aveva evocato in lei sentimenti profondi. «La mia vicenda personale di presa di coscienza sempre più forte dell’abuso di potere kiriarcale di cui è tuttora artefice la chiesa cattolica, si intreccia profondamente con la vicenda narrata attraverso la storia di Anna Valdina. Pina M. ha dato vita a una narrazione sapiente, profonda, intima e concreta, in una parola: libera; lei ha “usato” questa libertà, che riconosco come privilegio particolare delle donne: relegate ai margini di una storia patriarcale, proprio a partire dalla loro situazione di marginalità, sanno offrire prospettive nuove e rivoluzionarie; il parto dell’autocoscienza (che il libro stimola) ha il potere di mettere al mondo donne libere».