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Tre: un numero e molto di più

«Alfabeto di ogni civiltà, i numeri esprimono la misura del cammino umano. Numeri non solo per contare, ma anche per raccontare, in un caleidoscopio di narrazioni e suggestioni, dalla filosofia alla teologia, dalla letteratura alla psicologia, dalla musica alla matematica, alla storia dell’arte»: così Umberto Bottazzini presenta l’originale collana «Storie di numeri», che dirige per l’editrice Il Mulino, di Bologna. Il terzo volume della collana, fresco di stampa, è di Gianfranco Ravasi, cardinale, fino a poche settimane or sono presidente del Pontificio Consiglio della Cultura (ora emerito), autore di così tanti libri di pregio che a lui stesso, forse, riesce ormai difficile tenere il conto esatto. Ricordiamo in particolare i suoi numerosi commenti a libri della Bibbia, primi fra tutti i tre splendidi volumi sui Salmi.

Con l’agile volumetto che qui presentiamo ci muoviamo anche, nella parte centrale e in quella finale in area biblica, rivisitata però seguendo una speciale stella polare, costituita dal numero tre. Il titolo è infatti: Tre. Divina aritmetica*. Il pensiero corre immediatamente, com’è ovvio, alla dottrina trinitaria di Dio, che infatti occupa quasi un terzo del libro, nel quale troviamo, oltre alla Bibbia, come sempre nei libri di Ravasi, tanta cultura, felicemente descritta come «epifania del significato dell’essere e dell’esistere» (p. 54), ed esposta nelle sue svariate articolazioni (letteratura, scienze naturali, antropologia, filologia, arti plastiche, cinema, teatro, poesia, ovviamente teologia, nel vasto territorio delle religioni del mondo, ormai quasi di casa anche in Europa, e molto altro ancora). Man mano che si avanza nella lettura, cresce l’interesse per il tema, e diventa difficile fermarsi.

Il libro è concepito sul modello del viaggio dantesco come l’ascensione di un monte, scandita in cinque tappe nel corso delle quali l’autore individua ed elenca le triadi presenti nella natura, nella persona umana, nella letteratura, nelle religioni e nella Bibbia. La vetta del monte è appunto la dottrina trinitaria di Dio, illustrata nella sua formulazione classica, così come si è affermata nella tradizione occidentale, che però, su due punti, è difforme dal testo stabilito dai Concili di Nicea (325) e Costantinopoli (381). La differenza più importante riguarda il rapporto tra Padre, Figlio e Spirito nella Trinità. Il testo deciso dai due Concili afferma che lo Spirito «procede dal Padre». La Chiesa d’Occidente, con decisione unilaterale e non ecumenica (che infatti l’Oriente cristiano, a ragione, non ha mai accettato) ha affermato che lo Spirito procede dal Padre «e [anche] dal Figlio» (il famoso, controverso Filioque = “e dal Figlio”). Comprensibilmente l’autore non entra in questa controversia, che però non può essere ignorata essendo oggi ancora una problema irrisolto nei rapporti tra la Chiesa d’Occidente e quella d’Oriente.

Il libro si apre piacevolmente con la citazione di una canzone che fa parte della celebrazione domestica della Pasqua ebraica e che l’autore definisce «giocosa» e insieme «seriosa», tanto «divertente» quanto «educativa». Questo due ultimi aggettivi ci pare descrivano anche i tratti distintivi di questo libro: è un piacere leggerlo (“diletto” sarebbe forse la parola più appropriata) proprio perché da un lato “diverte” nel senso alto della parola (il termine francese divertissement ricorre a p. 16), in quanto vi abbondano informazioni e curiosità di vario genere, e quindi si passa da una sorpresa all’altra, da una scoperta all’altra; d’altro lato il libro “educa”, cioè informa e forma, dischiudendo orizzonti che spesso ci sfuggono nello svolgersi monotono della nostra vita quotidiana, ma che, se conosciuti e vissuti consapevolmente, possono arricchirla di significati e quindi di valore. Sono davvero tante le cose belle che apprendiamo da queste pagine che meriterebbero di essere citate, se lo spazio a disposizione ce lo consentisse: ne citiamo una sola a titolo di esempio. L’autore evoca una tradizione giudaica, ripresa da Elie Wiesel, secondo la quale gli angeli dimenticarono di ritirare la scala che Giacobbe aveva sognato e che univa il cielo e la terra. Essa rimase sulla terra e divenne la scala musicale, «che permette di ascoltare la voce divina discendente dall’eterno e dall’infinito, insita nell’armonia dei suoni, e, al tempo stesso, incarna la voce umana che risponde a Dio attraverso il canto e la musica» (p. 157).

Il senso di questo volumetto, che si legge d’un fiato, è ben riassunto nel titolo del primo capitolo: «Il tre, molto più di un numero» (p. 19). Questo lo si può dire anche di altri numeri: tra questi svettano l’1, il 7, il 12, ma anche il 4; forse lo si può dire di tutti, ma sicuramente lo si deve dire del tre. E in che cosa consiste questo “molto di più”? Potremmo rispondere che siccome il tre, secondo la dottrina cristiana, è costitutivo della natura profonda di Dio, che non è una monade, ma una trama unitaria di tre divine relazioni, è logico supporre che tutto ciò che Dio ha creato e che mirabilmente mantiene in vita, rechi un’impronta “trinitaria”. Ravasi infatti scopre e via via, nel corso della lenta ascesa verso la vetta del monte, svela al lettore le innumerevoli “triadi” presenti nella trama del mondo e della vita, e chissà quante altre ancora aspettano di essere scoperte. L’autore dice più volte che il suo è, per così dire, solo un assaggio: ciò che qui impariamo sul numero tre, pur essendo già molto, è ancora meno di quello che occorrerebbe dire. Ma intanto ci possiamo accontentare, purché non dimentichiamo che il tre, oltre a essere un numero, è anche, effettivamente, molto di più.

* G. Ravasi, Tre. Divina aritmetica. Bologna, il Mulino, 2023, pp. 175, euro 13,00.



Foto di Universidad de Deusto