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Nigeria. Storie di violenza e di resistenza

«Sono venuti a casa nostra e noi ci siamo rifiutati di aprire la porta, ma sono entrati con la forza dalla finestra». Così Damaris Blessing Tiswan, studentessa di finanza al Kaduna Polytechnic, ha descritto l’inizio del suo calvario: l’esser stata rapita con i suoi quattro fratelli in piena notte.

Dopo aver trascorso due giorni in cammino nella boscaglia, Tiswan ne ha «passate talmente tante», che non vuole quasi parlarne.

Lei e altri sopravvissuti al rapimento hanno però deciso e coraggiosamente di condividerle quelle storie, storie di stupro, di fame, di violenza e di terrore e l’hanno fatto in occasione di un webinar tenutosi lo scorso 27 aprile.

Dalle loro storie è emersa tutta la resilienza e la loro speranza. Speranza che sgorga da persone che credono fermamente che le cose possano cambiare in futuro, e in meglio. Il webinar ha messo in luce «il flagello della violenza di genere, ma anche il senso di speranza e di resilienza che le sopravvissute condividono oggi con il mondo.

L’evento è stato co-organizzato dal Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), da Peacemaking in Africa, dal Consiglio delle chiese cristiane della Nigeria, dall’International Center for Interfaith, da Peace and Harmony in Kaduna e dalla Baptist Conference di Kaduna.

Clara Jeremiah, in rappresentanza dei 121 scolari rapiti dalla Bethel Baptist High School in Nigeria, ha descritto in modo disarmante e eloquente quanto gli stessi bambini abbiano lavorato, insieme, per favorire la liberazione dei più fragili tra loro da parte dei rapitori: «Alcuni non erano nemmeno in grado di camminare da soli», ha ricordato «e a volte – ha aggiunto – i rapitori sceglievano a caso chi liberare».

Il pastore Nasamu Nasri Mainasara, ha ricordato il suo rapimento e quello di moglie: «Hanno fatto prima uscire mia moglie dalla finestra con la forza e poi è toccato a me».

I partecipanti che hanno ascoltato le tante storie con commozione. Durante il minuto di silenzio Monica Willard ha commentato, «Questo momento di silenzio offre a tutti noi l’opportunità di pregare affinché queste cattiverie si fermino e qualcosa cambi. E vorrei tanto sapere cosa sia quel “qualcosa”, per intervenire immediatamente e prevenire questi crimini».

Il pastore Ibrahim Wushishi Yusef, dirigente del programma Cec per la costruzione della pace nella regione africana ha descritto il suo primo incontro con i sopravvissuti al rapimento, avvenuto durante una missione conoscitiva del Cec. «Abbiamo condiviso le loro esperienze e l’appuntamento di oggi è il frutto di quell’incontro; occasione in grado offrire esperienze dei sopravvissuti al rapimento. Oggi possiamo escogitare nuovi strumenti e accompagnare le loro sfide. Preghiamo – ha aggiunto – che l’incontro di oggi possa aiutarci a comprendere la complessità della situazione e l’urgenza del sostegno a queste persone».

Donna Bolllinger, che ha accompagnato Yusef nella missione conoscitiva, ha espresso la sua gratitudine ai relatori: «Oggi abbiamo avuto il privilegio di poter ascoltare, grazie alle testimonianze dirette, le voci di coloro che si trovano in Nigeria in modo che voi e le vostre comunità internazionali possano avere una migliore comprensione di ciò che sta accadendo nel Paese».