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Domani 28 aprile una targa per il pastore Panascia al Centro diaconale La Noce di Palermo

Palermo,1963. «Riappropriarsi dei propri diritti, è questo che ai siciliani si chiede e s’impone, uscire dal “disimpegno” politico, cui sono stati assuefatti da chi li ha fin qui governati, riconquistando una coscienza morale e civile! Questo bisogna! E che i politici – da cui sono rappresentati – incarnino questi princìpi di libertà, di giustizia, di garanzia dei diritti democratici. Che siano guide e modelli ideali, non avidi usurpatori del bene pubblico… Ma chi guida oggi il popolo? La sua stessa coscienza, se ancora un barlume è rimasto! E che non sia svenduta a demagoghi e tribuni che arringano cavalcando il malcontento e la frustrazione…»

È un pezzo della lettera che Pietro Valdo Panascìa, pastore della comunità valdese di Palermo, indirizzava al cardinale Ernesto Ruffini nei mesi tragici caratterizzati da drammatici attentati mafiosi fra il 1963 e il 1964. In seguito alle stragi di Ciaculli e Villabate, in cui persero la vita nove uomini, il 7 luglio 1963 Panascia tappezzò i muri di Palermo di manifesti titolati “Iniziativa per il rispetto della vita umana”, in cui denunciava l’efferata violenza della mafia e faceva appello a «quanti hanno la responsabilità civile e religiosa» affinché promuovessero il rispetto «della Legge di Dio che ordina di non uccidere». Un appello che colpì anche l’allora papa Paolo VI che volle esortare il cardinale di Palermo Ruffini ad assumere qualche posizione pubblica di fronte a tanta violenza. Ma il cardinale non capì o non volle capire. Da qui il dialogo epistolare con Panascia che invitava Ruffini al dialogo e ad aprire gli occhi «sul vero volto della realtà criminale circostante».

Panascia fu pastore della Chiesa valdese di Palermo tra il 1956 e il 1970. In quegli anni si dedicò a molte iniziative nella periferia degradata della città, impegnandosi principalmente a sostegno dei minori. Curò la scuola elementare, sita nei locali della stessa chiesa in via Spezio, nella convinzione che l’istruzione e la cultura avrebbero dato dignità e speranza ai poveri e agli emarginati. Con lo stesso entusiasmo, poi, fondò il Centro diaconale nel quartiere Noce, borgata «ad alta densità mafiosa», per offrire ai più piccoli la possibilità di riscatto da una cultura deresponsabilizzante e intrisa di mafia.

Così Riforma del 2 novembre 2007 ricordava il pastore Panascia: «Un uomo concreto che, “vedendo” con gli occhi della fede le condizioni degradanti in cui troppi uomini, donne, bambini di quartieri dimenticati di Palermo erano costretti a vivere nell’indifferenza delle autorità civili e religiose, ha semplicemente ritenuto di dover unire la sua voce e quella della Chiesa valdese alla forte denuncia di uomini di valore come Danilo Dolci», il sociologo triestino con cui affrontò molte battaglie per i più poveri.

Il Centro Diaconale “La Noce” e la Chiesa Valdese di Palermo desiderano ricordare ancora una volta Panascia (el 2020 fu la città di Palermo a dedicargli una via), coraggioso e generoso testimone di fede e di impegno sociale, e lo faranno domani 28 aprile dalle ore 17, momento in cui sarà svelata una targa a lui dedicata proprio sui muri del Centro da lui fondato.
Sarà l’occasione per ricordare ancora una volta la testimonianza umana e di fede del pastore Panascia.

Qui di seguito le parole di Anna Ponente, direttrice del Centro Diaconale La Noce – Istituto Valdese di Palermo:

Ascolta ““Costruttori di giustizia sociale” con il centro La Noce di Palermo” su Spreaker.


Nella foto l’incipit del manifesto fatto affiggere da Panascia a Palermo