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Pasqua di sbarchi e di morte

Un’imbarcazione al largo della Tunisia. Ci sono a bordo una cinquantina di persone. Si rovescia per via del mare mosso e per le pessime condizioni del mezzo. Le vittime saranno 35. É sabato 8 aprile. Domenica, il giorno seguente che segna la ricorrenza della Pasqua, un altro naufragio: più di una ventina di dispersi. E così, le vittime arrivano circa a sessanta.

Intanto, 400 persone sono in pericolo nel Mediterraneo.

L’allarme è della rete di soccorso internazionale Alarm Phone, che dice di aver ricevuto una chiamata nella notte da una barca partita da Tobruk, in Libia.

Una Pasqua di sbarchi e di morte.

26 sbarchi per un totale di 974 migranti, solo nel giorno di Pasqua.

Ad approdare a Lampedusa sono tante le donne, molte delle quali in stato di gravidanza avanzato.

E poi, tanti bambini e minori non accompagnati. Mai così tanti.

L’hotspot che nei giorni precedenti sembrava respirare (era sceso a 250 ospiti), ora è di nuovo al collasso. I migranti sono 1614 a fronte di una capienza massima di 400 persone.

Sono 30mila i migranti giunti in Italia a oggi dall’inizio dell’anno. Il 300% in più rispetto agli anni precedenti.

Arrivi in gran parte autonomi, monitorati dalla guardia costiera. Pochissimi quelli con le Ong, un dato che smentisce categoricamente la propaganda di chi sostiene che sono queste organizzazioni a portare in Italia i migranti.

La rotta principale di provenienza è la Tunisia che vive una situazione economica difficilissima. Un costo della vita alle stelle e i salari bloccati. Chi non vede alcuna prospettiva di una vita dignitosa prende la via del mare. E in Tunisia, sono arrivati in tanti anche dall’Africa subsahariana. Sfuggono a miseria e guerre. Scappano perché temono persecuzioni e violenze.

«Mediterraneo, il cimitero europeo», scrive la Ong tedesca ResQship. «Una tragedia indicibile che avrebbe potuto, e dovuto, essere prevenuta con un approccio umanitario alla migrazione invece che con il filo spinato dei confini europei». E ancora «alla perdita di vite umane, si aggiunge il profondo trauma che i sopravvissuti dovranno sopportare per il resto della loro vita».

Per gentile concessione dell’associazione “Articolo 21, liberi di..”