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Prima e dopo Trump

E adesso? L’incriminazione per Donald Trump avrà un contraccolpo politico che, paradossalmente, aiuterà la Campagna dell’ex presidente, il quale, atteggiandosi a vittima, godrà di nuova «benzina» per la sua campagna presidenziale(?).

Certo, è possibile. Lo stesso competitore più pericoloso per Trump, il governatore della florida Ron DeSantis, si è subito dichiarato indisponibile a concedere l’estradizione di Trump dalla Florida, dove risiede, a New York, dove sarà processato.

Ma bisogna essere attenti ai dettagli.

DeSantis, certo, non vuole dare l’impressione di voler colpire alla schiena il suo ingombrante competitor, ma la legge americana non dà il potere assoluto di estradizione al singolo Stato (così avverrebbe fra due Stati sovrani europei).

In sostanza, De Santis potrebbe far «bella figura a buon mercato» con la base trumpiana, difendendo Trump solo in apparenza, per poi arrendersi a un’estradizione inevitabile che gli spianerebbe la strada per la Casa Bianca. Anche perché, la rottura del tabù apre la strada ad almeno altre tre inchieste nei confronti di Trump: per frode fiscale, per interferenza nelle procedure di voto e per l’assalto «alla Casa Bianca».

Lo stesso capogruppo repubblicano Mitch McConnell, che sancì la sua assoluzione in parlamento, precisò che il verdetto era politico e che la giustizia comune avrebbe potuto perseguire Trump una volta tornato semplice cittadino. Insomma, la decisione di questi giorni è come una diga che si rompe, che potrebbe far piovere sul cittadino Trump molti guai giudiziari.

E se l’ex presidente avrà gioco facile nell’eccitare la sua base elettorale, ben più preoccupati cominceranno ad essere i grandi investitori che si domanderanno quanto convenga investire milioni di dollari su un «cavallo vecchio», che potrebbe finire la corsa azzoppato da un nugolo di inchieste.

Certo, per secoli i presidenti americani sono stati protetti da un’incriminazione.

«La decisione del Gran Giurì di incriminare Trump rompe un tabù – scrive il New York Times –», e in queste ore si fa grande abuso del termine storico per l’incriminazione dell’ex presidente. In realtà, molti presidenti americani in passato hanno avuto a che fare con la giustizia.

Nixon, fu messo sott’inchiesta per lo scandalo Watergate e preferì dimettersi concordando un condono tombale con il suo successore Gerald Ford. Clinton, per lo scandalo Monica Lewinsky concordò una pena minore, ammettendo solo la falsa testimonianza e pagando una multa di 25 mila dollari, per evitare ulteriori inchieste una volta lasciata la Casa Bianca.

Lontano, dunque, è il tempo in cui un presidente americano del passato Ulysses S. Grant fu fermato dalla polizia, perché la sua carrozza a cavallo andava troppo veloce per le strade di Washington. Il presidente si fermò e, senza batter ciglio, pagò la multa di 20 dollari.

Ma era davvero un’altra epoca.

Ringraziamo l’autore Di Bella e il sito www.articolo21.org per aver concesso a Riforma di poter riprendere quest’articolo