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Pirenei-Alpi, le frontiere interne europee di ieri e di oggi

 

Caravana Abriendo Fronteras, CarovaneMigranti nella sua emanazione italiana, è una rete nata nel 2016 con una marcia verso la Grecia, composta da diverse organizzazioni e collettivi spagnoli che chiedono una buona accoglienza e il diritto alla libertà di movimento per tutte le persone.

Si è poi estesa in altre nazioni, fra cui appunto l’Italia, e si sostanzia con marce e manifestazioni in luoghi sensibili del pianeta da un punto di vista della negazione dei diritti delle persone a migrare, al fine di rendere visibili e denunciare le violazioni dei diritti umani e il non rispetto degli accordi internazionali, e al contempo per costruire con i rifugiati e i migranti una cittadinanza consapevole e attiva, che conosca la realtà, senta, pensi e agisca.

Quest’anno la Carovana, organizzata da vari gruppi umanitari, percorrerà le rotte migratorie europee lungo le quali centinaia di migliaia di persone attraversano da decenni frontiere di morte e di respingimento, fra le Alpi e i Pirenei.

Rotte e confini che 83 anni fa sono stati immersi in uno dei momenti più distruttivi e sanguinosi della storia dell’umanità, il secondo conflitto mondiale.

«Percorriamo queste vie anche in un momento critico determinato dalla guerra in Ucraina e dalle sue conseguenze per i Paesi e i popoli d’Europa – si legge nel comunicato – , per le economie di sussistenza del Sud globale e per le persone migranti che stanno arrivando e continueranno ad arrivare sul suolo europeo. L’invasione dell’Ucraina ha aggravato la situazione di carestia e scarsità di cibo, che si aggiungono alla crisi climatica ed energetica e ai problemi economici derivanti dalla pandemia e dalle azioni estrattiviste e neocoloniali delle imprese transnazionali. Ci troviamo in un contesto in cui le rivalità geopolitiche, i conflitti armati, la competizione economica, la militarizzazione del commercio e la preoccupazione di garantire i profitti delle imprese stanno portando a nuovi modi di reinterpretare i diritti umani al ribasso».

«Se guardiamo alle politiche migratorie dell’UE negli ultimi anni per le persone migranti provenienti dal Sud globale – prosegue il testo – , vediamo che queste politiche sono state e continuano a essere politiche di morte e di rifiuto. Lasciare morire chi ha fame per mancanza di attenzione e cure o per mancanza di aiuto in mare o sulle montagne è necropolitica».

Dal 1993 sono morte quarantanovemila persone. Più di ventottomila persone dal 2014. Mille e settanta nel 2022. Morte soprattutto in mare, ma anche ai confini interni tra Irun e Hendaye, ai piedi dei Pirenei, sulle Alpi, nei Balcani e al confine della Polonia con la Bielorussia.

Dall’UE decine di migliaia di persone sono state e continuano a essere respinte, espulse, deportate nei Paesi di origine, Paesi spesso in situazioni di conflitto e di gravi violazioni dei diritti umani, come Afghanistan, Mali, Libia e Marocco, e anche «rimpatriate» all’interno dell’UE, dalla Francia verso Italia e Spagna, e dall’Italia alla Slovenia, in violazione del diritto internazionale.

«Ecco perché da qui, come Carovana europea, denunciamo tutte le guerre in corso e le potenze che le promuovono in Ucraina, in Siria, nei Paesi del Sahel, in Libia, Iraq, Afghanistan, Yemen e Palestina. Denunciamo la vendita di armi da parte di aziende e governi a questi Paesi in guerra. Denunciamo tutte le morti causate da queste guerre. Denunciamo l’esodo di milioni di persone causato dalle guerre e la morte di coloro che fuggono da esse. Denunciamo le guerre delle frontiere che causa morte, come nel caso di almeno 37 persone uccise nell’ultimo salto della recinzione. Denunciamo le condizioni dei cosiddetti campi profughi (chiamati erroneamente campi di rifugio) in Grecia e nelle Isole Canarie. E denunciamo il traffico di esseri umani, lo sfruttamento del lavoro e la tratta di donne e ragazze ai fini dello sfruttamento sessuale. Le disuguaglianze di genere aumentano durante i conflitti e sono esse stesse una causa di sfollamento forzato».

In particolare, ai governi dell’Unione Europea, e soprattutto ai governi spagnolo, italiano e francese vengono avanzate varie richieste:

  • Di  cessare i controlli alle frontiere terrestri interne europee, che peraltro vengono effettuati sulla base di profili etnici.
  • Che l’applicazione della direttiva 2001/55, che concede una protezione temporanea generalizzata agli ucraini che lasciano il Paese, sia attivata anche per le persone che fuggono da altri conflitti. La regolarizzazione straordinaria di tutti coloro che si trovano in una situazione amministrativa irregolare. Chiediamo inoltre che venga garantito il ricongiungimento familiare.
  • La fine della strumentalizzazione delle persone in transito, che vengono utilizzate come strumento di pressione politica.
  • Di riconoscere e rispettare il diritto di migrare, come strategia di resistenza e riparazione di fronte alle politiche estrattiviste, imperialiste, patriarcali e coloniali.
  • Vie legali e sicure, in modo che nessuno più perda la vita per aver esercitato il diritto di migrare e per evitare lo sfruttamento, l’abuso, la violenza, la tratta e il traffico di esseri umani.
  • Lo scioglimento di FRONTEX e la fine dell’esternalizzazione del controllo delle frontiere. Le esorbitanti spese militari per questa agenzia di frontiera europea, la cui missione è interrompere il processo migratorio e deportare, devono essere fermate. E finché c’è, occorre creare un centro di ispezione e controllo delle violazioni dei diritti umani da parte di Frontex.
  • La cessazione della produzione e del traffico di armi nell’Unione Europea. E nel frattempo, il rispetto delle norme internazionali sulla vendita di armi, ponendo fine alle esportazioni verso Paesi che stan bombardando le popolazioni civili nei conflitti armati e che non rispettano i diritti umani.
  • Lo scioglimento della NATO e la fine dei suoi piani espansionistici, egemonici e bellici. Rifiutiamo l’inclusione della migrazione irregolare e dell’insicurezza alimentare tra quelle che chiamano «minacce ibride» nella loro nuova tabella di marcia.
  • Relazioni internazionali cooperative che mettano fine alle politiche di saccheggio e depredazione delle risorse in Africa e nei Paesi del Sud globale da parte delle multinazionali, dei governi del Nord arricchito e dei governi corrotti del Sud.
  • Di sospendere gli accordi di espulsione e deportazione con Paesi terzi come Marocco, Senegal, Mauritania, Gambia, Afghanistan, Libia o Turchia. Nessuno dovrebbe essere mandato in un Paese dove potrebbe subire torture, persecuzioni o minacce alla propria vita. L’esternalizzazione delle frontiere avvantaggia i governi corrotti che non garantiscono i diritti umani e le mafie che agiscono con la loro connivenza.
  • Di autorizzare le navi di soccorso marittimo a svolgere liberamente il loro lavoro di salvataggio per salvare vite umane e far sbarcare le persone in porti sicuri.
  • Un protocollo per gestire gli incidenti con più vittime, che non viene applicato nel caso dei naufragi e porta a crudeltà e torture.
  • La creazione di punti di informazione per i parenti delle persone migranti, che devono compiere uno straziante pellegrinaggio attraverso le istituzioni per raggiungere un minimo di informazioni, nella migliore delle ipotesi, sulla vita o sulla morte dei loro cari.
  •  Il ritiro della proposta dell’ultimo Patto Europeo sulla Migrazione e l’Asilo.
  •  L’abrogazione della legge e del regolamento in materia di immigrazione
  • La chiusura dei CIE (Centri di Permanenza per Stranieri), (CPR in Italia) e di altre strutture per la detenzione e il contenimento delle persone straniere e lo sviluppo di alternative all’espulsione coercitiva, sempre con particolare attenzione alla situazione delle persone migranti nel territorio europeo.
  • Di porre fine alla violenta catena di deportazioni e respingimenti contrarie al diritto internazionale. L’eliminazione dei raid razzisti e xenofobi e la fine delle molestie.
  • Di porre fine alla criminalizzazione delle persone e delle organizzazioni solidali con le persone migranti.
  • Di garantire l’accesso al diritto d’asilo a tutte le persone, indipendentemente dal loro Paese d’origine e dal fatto che venga preso a riferimento un elenco di Paesi considerati sicuri anche se di fatto non lo sono.
  • Rispetto delle disposizioni del diritto internazionale, in particolare della Convenzione di Ginevra sui diritti delle persone rifugiate e delle norme che proteggono le persone migranti.
  • Garanzie specifiche per le persone in situazioni di particolare vulnerabilità stabilite dalla Direttiva europea sulle procedure comuni per il riconoscimento della protezione internazionale: donne che hanno subito violenza sessuale, vittime di tratta, minori, persone con diversità funzionali, persone LGBTIQ+, ecc.
  • Il diritto alla protezione delle bambine e dei bambini contro ogni tipo di violenza e sfruttamento, il rispetto della Convenzione ONU del 1989 in relazione ai loro diritti.
  • Trasparenza e pubblicazione di dati sulle perdite effettive di vite umane sulle rotte migratorie e che questi dati siano divisi per genere, origine e destinazione.
  • L’apertura di cause legali – e che gli Stati e la stessa Unione Europea siano portati davanti alla giustizia – per ogni morte sulle rotte migratorie e negli spazi di non diritto quali sono i centri di detenzione e di internamento per stranieri come i CIE, i CETI, i CATE, ecc.
  • Politiche di accoglienza dignitose ed efficaci e l’attuazione di protocolli con una prospettiva di genere in tale accoglienza.
  • L’abrogazione del Regolamento di Dublino e della Direttiva europea sui rimpatri, nota come Direttiva della Vergogna.
  •  Rispetto delle raccomandazioni del Tribunale Permanente dei Popoli nelle sue sessioni sulla violazione dei diritti delle persone migranti e rifugiate, tenutesi a Barcellona, Palermo, Parigi e Londra (2017-2019), delle proposte della relatrice delle Nazioni Unite nel suo rapporto sulle sparizioni forzate sulla rotta migratoria e di quelle di diverse organizzazioni non governative, come quelle di Amnesty International (rapporto del dicembre 2017) sulla violazione dei diritti in Libia.
  • La fine dell’inferno in cui le autorità libiche hanno gettato lle persone scappate per motivi di forza maggiore dai loro paesi di origine
  • Rispetto dei diritti umani e di popolo del Sahara Occidentale, a fronte del  cambiamento di posizione del governo Sánchez, che difende come soluzione un’autonomia che implica il riconoscimento della sovranità del Regno del Marocco sul territorio e la cessione al ricatto marocchino sui confini di Ceuta e Melilla, oltre a beneficiare del saccheggio economico di un territorio che appartiene al popolo Saharawi.
  • L’approvazione del Trattato vincolante sul controllo delle imprese transnazionali e di altre imprese commerciali in relazione al rispetto dei diritti umani, negoziato nell’ambito del Consiglio delle Nazioni Unite a Ginevra.
  • La ratifica della Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei loro familiari.
  • Garanzie per la giustizia e rifugio per motivi climatici, controllare e sanzionare l’attività delle aziende inquinanti e seguire l’Accordo di Parigi firmato nel 2016 per ridurre le emissioni di gas serra e mitigare il riscaldamento globale.

Il programma della Carovana 2022 è consultabile qui, mentre la versione integrale del comunicato riprodotto sopra si può leggere qui.