istock-1309449027

Diritto alla salute: i giovani, le giovani e la nostra generazione

L’epidemia di “spagnola” provocò più morti della Prima Guerra mondiale. In qualche modo ne fu una conseguenza: carestia, condizioni igieniche vacillanti, una vastità di terreni non più coltivabili, traffici di uomini e merci a livello mondiale… Nel 2022 ci troviamo in una situazione solo in parte simile, perché l’invasione russa dell’Ucraina è sopraggiunta quando la pandemia era in atto da due anni. Certo si potrebbe obiettare che, come dice papa Francesco, da tempo è in corso una “guerra mondiale a pezzi”: è la nostra miopia che ci impedisce di vedere quello che sta accadendo nelle altre Ucraine… Ma non è finita: perché c’è un’altra guerra mondiale in corso ed è quella che il sistema produttivo ha dichiarato al nostro ecosistema.

Che cosa unisce queste tre “piaghe”? Lascio a strateghi e a influencer il compito di trovare la risposta geniale, ma un filo rosso lo vedo anch’io: i giovani hanno paura del futuro. Noi del Festival dei Diritti umani siamo partiti da qui, da questo Sos che gli studenti lanciano da tempo, con i loro linguaggi. Dicono: voi boomer ci state lasciando un mondo inquinato, avido, insalubre, pericoloso. Difficile dar loro torto. E allora abbiamo pensato che l’edizione 2022 del Festival doveva essere dedicata al “diritto alla salute” e doveva, ancor più delle altre edizioni, permettere agli studenti di prendere parola. Hanno cominciato a farlo con i podcast, strumento che permette loro di raccontarsi senza autocensure. «Abbiamo parlato del disagio psicologico, dei disturbi alimentari vissuti in questi anni di pandemia perché– ci hanno raccontato gli studenti del liceo “Porta” di Monza e dell’istituto “Modugno” di Conversano – volevamo che i nostri coetanei non si sentissero soli con i loro problemi. Volevamo – hanno aggiunto – che capissero che non bisogna nascondere le proprie sofferenze, perché devi essere te stesso, non come ti vogliono gli altri, come ti suggeriscono i social». Provate a mettervi voi nei panni di questi adolescenti che nel momento in cui dovrebbero sbocciare si sono trovati intrappolati da pandemia e guerra: che idea di futuro potreste mai avere? Quindi, alla luce di questa situazione di incertezza, provate a riconsiderare le loro manifestazioni, i loro slogan, i loro linguaggi.

Diritto alla salute, dicevamo. La pandemia avrebbe dovuto insegnare qual è la strada giusta: prevenzione, comportamenti responsabili e solidali, sanità pubblica, cure e vaccini disponibili per tutti. Sappiamo come è andata, in Italia ma anche altrove. I numeri, soprattutto quando servono a fare impressione, non sempre aiutano a capire. Ma ci proviamo. Milex, l’Osservatorio sulle spese militari italiane fa notare che per arrivare al 2% del Pil in spese belliche – promessa del Governo Draghi giustificata con l’impegno preso in sede Nato – bisognerebbe aggiungere 12 miliardi ai 25 che già si spendono. Quasi un aumento del 50%. Il bilancio del comparto sanità era circa 115 miliardi e ora arriverà a 123: più 7%. Aggiungiamo ancora qualche numero (con la speranza di non annoiare). Mezzo secolo fa una risoluzione dell’Onu chiedeva alle nazioni ricche di garantire lo 0,7% del Pil alla cooperazione internazionale. L’Italia non è mai andata oltre lo 0,2% e pochissimi chiedono di rispettare quell’impegno virtuoso. Domanda non retorica: abbiamo bisogno di più missili o di più ospedali, di più carri armati o di più cooperazione? Il Festival dei Diritti Umani non ha dubbi: meglio prevenire e curare che aggiungere strumenti di morte. (Il Festival si terrà dal 3 al 6 maggio in forma mista in presenza e online “Come Stai?” è il titolo scelto per questa edizione. Qui tutte le info, Ndr.)

Diritto alla salute non è solo garantire vaccini per tutti o promuovere i farmaci generici. Significa affrontare le cause che impediscono la diffusione di questo diritto. È accettabile che tre esseri umani ogni giorno muoiano di lavoro? Perché dobbiamo respirare i fumi tossici di una fabbrica? Quando supereremo la “sindrome di Yentl”? Quest’ultima domanda richiede una spiegazione: è una sindrome inventata nel 1991 dalla cardiologa statunitense Bernardine Patricia Healy per spiegare che c’è una inveterata sottovalutazione da parte dei medici e dalla letteratura scientifica dei rischi cardiovascolari delle donne. Manie da femministe? No, perché l’infarto è la prima causa di morte dell’universo femminile. 

Come vedete anche da questi appunti il diritto alla salute è una faccenda maledettamente seria, continuamente messo in discussione dalle attività umana, ma fortunatamente garantito da un altro pezzo di umanità. Dipende da noi con chi schierarsi.