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Mettere la fede in azione

Attraverso il World Service, braccio diaconale della Federazione luterana mondiale (Flm), in oltre 40 anni di presenza in Uganda, più di 700.000 rifugiati sono stati sostenuti in 21 diversi insediamenti presenti nel paese. Nel corso degli anni, la cosiddetta Perla d’Africa è arrivata ad accogliere centinaia di migliaia di rifugiati dal Sud Sudan a nord e dalla Repubblica Democratica del Congo a ovest. Grazie alle politiche vigenti, i rifugiati godono della libertà di movimento, nonché del diritto a ricevere un pezzo di terra da coltivare e in cui stabilirsi. Tuttavia, un massiccio afflusso di rifugiati, a volte di gran lunga superiore alle comunità locali che li accolgono, richiede un sostegno umanitario e un lavoro di sviluppo ingenti. 

I servizi della Flm in Uganda coprono le principali aree di sostentamento, servizi di qualità, protezione e coesione sociale. «L’impegno a lungo termine è una chiave per la buona riuscita dei progetti. Godiamo di un’enorme stima storica in Uganda», spiega Jesse Kamstra, rappresentante nazionale del World Service in Uganda, che osserva che la presenza di molte altre agenzie è stata discontinua nel corso degli anni, attraverso progetti a breve termine. 

Nonostante l’accoglienza delle comunità ospitanti e l’impegno umanitario di lunga data, le comunità dell’Uganda devono affrontare una serie di sfide. L’approvvigionamento idrico in molti insediamenti rimane inferiore all’obiettivo di 20 litri per persona al giorno e le razioni fornite attraverso il Programma alimentare mondiale sono state recentemente ridotte. Nell’insediamento di Palorinya – il secondo più grande insediamento di rifugiati in Uganda con una popolazione di oltre 128.000 rifugiati nel distretto di Odongi – le razioni di cibo sono ora al 70%. 

Namagero Rose, rifugiata sud-sudanese del gruppo etnico Kuku, è presidente di un gruppo di auto-aiuto per le donne a Palorinya. Offrendo uno spazio sicuro alle donne dove sostenersi reciprocamente e guarire dai traumi della guerra, Rose afferma che il gruppo ha aiutato molte donne a sentirsi meglio. «Alcune di noi avevano persino tentato il suicidio. Ma con la consulenza, abbiamo visto che la pace poteva arrivare ai nostri cuori», dice, sottolineando comunque la fragilità della situazione attuale per molte rifugiate.

Un altro problema evidenziato dalle donne è l’accesso ai trasporti. Senza mezzi di trasporto, le donne non riescono ad arrivare in tempo in ospedale, quindi finiscono per dare alla luce i loro bambini in strada.

Quando è scoppiata la pandemia di Covid-19, le scuole ugandesi sono state chiuse per due anni consecutivi. Nello stesso periodo, il World Service ha osservato un aumento delle gravidanze adolescenziali, con 1 ragazza su 3 di età compresa tra i 15 e i 18 anni incinta o che ha partorito un bambino. La questione non si limita agli insediamenti di profughi, poiché la stessa tendenza si riscontra anche tra le comunità ospitanti. E sebbene il problema non sia nuovo, due anni di pandemia hanno significato un drammatico aumento del fenomeno.

La segretaria generale della Flm, rev. Anne Burghardt, ha ascoltato le voci delle madri bambine mentre visitava Nyumanzi e Palorinya durante i primi giorni di aprile.

«Vedere che a queste ragazze viene sempre più negato il diritto all’infanzia, per diventare madri a loro volta, è straziante. Queste storie sono difficili da ascoltare, ma dobbiamo ascoltarle, perché il problema è reale ed è davanti a noi. Dobbiamo capire come possiamo adottare un approccio olistico nel sostenere queste ragazze e nel prevenire le gravidanze adolescenziali in futuro», ha aggiunto Burghardt.

Una di queste misure è aumentare l’accesso all’assistenza diurna per i bambini, in modo che queste giovani madri possano continuare a frequentare la scuola. «Nonostante le sfide, continuiamo a vedere e sostenere l’immagine di Dio in ogni persona. Attraverso il nostro lavoro cerchiamo di capire come mettere la fede in azione» ha affermato la segretaria generale.

 
Foto: LWF/Albin Hillert