istock-1191619610

Non lasciamoli soli

Cambiare rotta, trasformare l’istruzione è questo il tema scelto dalle Nazioni Unite per celebrare la quarta Giornata Mondiale dell’Educazione che si tiene ogni anno il 24 gennaio. La ricorrenza è stata istituita nel 2018 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. La finalità è quella di promuovere un’istruzione qualitativa fondata su tematiche sempre attuali, quali inclusione e l’equità. 

«È necessario che ciascun Paese si adoperi in questo senso per evolvere culturalmente, per offrire le stesse opportunità di apprendimento personale e di accrescimento sociale», si legge. 

Allo stato attuale delle cose, purtroppo, ci sono ancora troppi divari che creano disuguaglianze e situazioni di povertà. 

A una situazione già difficile da tempo si aggiunge poi la pandemia e gli affetti, nefasti, che questa sembra generare nelle giovani generazioni. Già nel 2020 un Rapporto delle Nazioni Unite evidenziava quanto la pandemia abbia innescato situazioni critiche per la salute mentale: «La salute mentale e il benessere di intere società sono state colpite da questa crisi, dunque oggi devono essere una priorità. Sono aumentate le difficoltà emotive tra i bambini e gli adolescenti; esacerbate da stress familiare, isolamento sociale, aumento degli abusi, interruzione dell’istruzione e incertezza sul futuro», tutte difficoltà che si intersecano e si moltiplicano in una fase delicata dello sviluppo fisico e emotivo delle giovani generazioni.

A fotografare la situazione e a indicare quanto sia necessaria una maggiore attenzione sull’impatto psicologico e relazionale della pandemia sulle giovani generazioni è l’indagine di Telefono Azzurro realizzata poco dopo il primo lockdown e durante il quale molti bambini e ragazzi hanno sperimentato un senso di solitudine a causa della chiusura delle scuole e in generale dell’impossibilità di uscire di casa: il 18% dei genitori riferiva allora di aver osservato una condizione di isolamento dei figli e di perdita di occasioni di socializzazione per i figli con i compagni e gli amici, elemento ancora più pregnante per coloro che avevano figli nella fascia tra i 3 e i 5 anni (42%).

Scrive Massimo Recalcati su la Repubblica:  «l’urgenza più grande alla quale questo tempo traumatico ci confronta: dare segno di ricevuta, non sottrarsi a questo appello, saper rispondere al loro grido. Significa in primo luogo non lasciare i nostri figli da soli. Nelle famiglie ma anche nella Scuola. Si tratta di ricostruire la fiducia nella relazione laddove la fiducia è stata brutalmente incrinata dalla violenza della pandemia che ci ha obbligati a interrompere le relazioni. È una emergenza psichica: gli obiettivi “didattici” della formazione devono essere subordinati alla cura particolare della relazione».