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Valdesi a Milano

La Chiesa valdese seppe “superare” il 1848 (le Patenti albertine) all’alba dell’Unità d’Italia con la creazione di un “Comitato per l’evangelizzazione” (1860), mirato a pianificare la predicazione evangelica. E non più in francese (valli valdesi [Alpi Cozie]), bensì in italiano: un catapultarsi in una nuova èra, una “scommessa” di fede fatta da comunità di credenti “forgiati” sia dalle lotte risorgimentali sia dalla emarginazione nel “ghetto” valligiano, né meno da provenienze geografiche “altre” e di tradizione riformata. Dunque, una storia che, partita dal XII secolo, va ad approdare nell’articolato tessuto urbano. Ciò vale anche per quella milanese cui è dedicata una recentissima “densa” monografia*.

         Articolato in tre parti, il volume collettaneo “anatomizza” il valdismo milanese, in origine diviso in due comunità: San Giovanni in Conca e via dei Fabbri. E in ogni sua piega. A partire dalle «vicende legate agli edifici» (Marco Godino): «La storia della comunità valdese di Milano passa forzatamente anche attraverso i luoghi fisici della città e le trasformazioni che questa ha realizzato nel suo corpo soprattutto a partire dall’Unità nazionale». E non senza rapporti difficili con le istituzioni. Per entrare poi in merito all’idea di una iniziativa editoriale in forma di “appunti” (Teresa Isenburg), nata «per imitazione di quello che hanno fatto molte chiese scrivendo la propria storia» e per «proseguimento di quanto avviato nel 2014 a Milano per iniziativa del Centro culturale protestante e dei pastori». Il che ha implicato l’inoltrarsi nella «spiritualità della comunità negli anni Cinquanta e Sessanta» (Emilio Florio). Spiritualità nell’accezione del «complesso della vita di una comunità, fatta dagli atti attraverso cui essa manifesta la sua esistenza». Fonte, il bollettino della comunità, L’Araldo. Ne emergono i momenti fondanti “identitari”, che trovano espressione anche nei Regolamenti, «l’Ordinamento valdese» (Gianni Rostan).

         La Milano valdese degli anni Sessanta del Novecento è caratterizzata da due realtà: «il Lombardini e la Claudiana» (Aldo Visco Gilardi), entrambe “dimensioni” culturali della testimonianza in un Comune (Cinisello Balsamo) e in città (la Claudiana): il Lombardini, con le medie inferiori serali per operai e comune, oltre al “gruppo biblico” ecumenico e al “gruppo donne” (Paolo Bogo e Marcella Giampiccoli, Marco Rostan e Toti Rochat); la libreria Claudiana quale «progetto culturale protestante per la città», la cui storia prende abbrivio nel gennaio 1968 per arrivare sino a oggi e con «piccoli passi, ma con continuità e coerenza di programmi» (Samuele Bernardini).

         In Milano, quale comunità, però, si doveva riflettere innanzitutto sulla «difficoltà di capire di volta in volta quel che si doveva fare»: parole del pastore Thomas Soggin (1969-1984) e della moglie Maria Girardet, intervistati (1986) dal moderatore del tempo, Gianni Rostan. E, per capire come operare in termini di testimonianza consapevoli e responsabili, Thomas Soggin pensò bene di dedicare, a cinque anni dall’emeritazione un testo sull’“anima” dell’essere-chiesa, in cui la comunità tutta è responsabile «collegialmente insieme ai pastori della “cura pastorale”»: I “visitatori locali”. Corso biblico di formazione e ricerca. La parola viene data anche a chi seguì: il pastore Salvatore Ricciardi (1984-1996) con i Ricordi di chi ne ereditò «il lascito».

         Da ricerca storica definibile come tale, il volume chiude con i dati statistici relativi a entrambe le comunità. E, per eventuali approfondimenti, ci sono anche quattro pagine di Bibliografia oltre, per una ricerca ‘mirata’ un Indice analitico .

* T. Isenburg (a cura di), Valdesi a Milano (1861-1980). Torino, Claudiana, 2019, pp. 312, euro 25,00.

 

Foto: chiesa valdese di via Sforza, Milano