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Beni culturali online: cresce la voglia di condivisione?

Il 2016 si è aperto con la notizia della pubblicazione sul sito della New York Public Library (NYPL) di un archivio digitale con oltre 180.000 documenti tra foto, mappe e immagini. Tutto questo materiale di pubblico dominio è oggi liberamente consultabile e scaricabile. Alcuni media hanno riportato le parole di Ben Vershbow, direttore del team NYPL Lab, che si è occupato del progetto, secondo cui «la digitalizzazione è un punto di partenza, non un punto di arrivo. Non ci limitiamo a mettere il materiale on line. Vogliamo incoraggiarne l’uso».

Un approccio che ha interrogato più d’un commentatore sulla portata storica della condivisione di un patrimonio di tale portata ora disponibile per ricercatori, studiosi, giornalisti o semplici curiosi ed appassionati. La NYPL non è stato ovviamente il primo ente a scegliere questa strada: in molti hanno ricordato iniziative analoghe come quella del Rijksmuseum di Amsterdam e il suo patrimonio di 200 mila opere, online da un po’ di tempo. Tuttavia il sapore dell’annuncio d’inizio anno ha rilanciato con forza il ruolo che le istituzioni pubbliche e private possono ricoprire nella tutela e promozione della cultura attraverso le tecnologie digitali.

Andrea Cardoni su QcodeMag, si è ad esempio domandato:

«Può essere un modello alternativo di diffusione della cultura che permetta un accesso universale ai saperi e che magari non contribuisca al monopolio sempre più sovranazionale di Google o Amazon? Può un ente pubblico, con finalità collettive, diventare uno strumento utile alla ricerca e al progresso collettivo delle arti e delle scienze?».

L’elemento davvero innovativo dell’operazione condotta dalla NYPL sembra tuttavia essere stato l’incentivo al riutilizzo creativo dell’opera culturale in un processo dialettico che generi nuovo movimento e non rimanga confinato in un archivio statico seppur sempre disponibile. Il tema che sembra delinearsi è quello relativo a quale sia il posto della cultura sul web. Cristina Porcellini su Artribune ne ha delineato la portata.

Veniamo così a conoscenza di progetti come Navigating the Green Books, Street View, Then & Now: New York City’s Fifth Avenue o Mansion Maniac, veri e propri giochi online tematici basati sul materiale presente negli archivi della NYPL, che gli sviluppatori hanno posto come suggestione per chiunque voglia cimentarsi in un remix creativo attraverso le tecnologie digitali. Un esempio di cultura che non si solidifica in un luogo online ma si muove, stimola nuove produzioni e linguaggi di fruizione delle opere, anche attraverso dinamiche ludiche ed esplorative; che soprattutto sembra voler stupire provando a cogliere l’attenzione del pubblico e degli addetti ai lavori. Una nuova attenzione alla dimensione collaborativa che sembra voler puntare ad unire le competenze classiche di chi lavora sugli archivi (ricercatori, storici, geografi, giornalisti) con le professioni maggiormente legate al mondo digitale e all’entertainment (grafici, programmatori, sceneggiatori). È un’idea che porta a considerare il bene storico e culturale online come la prima tappa di un cammino, nel quale viene incentivato il riutilizzo creativo degli archivi perché possano parlare al più ampio pubblico possibile.

Alla ricerca di tracce della storia protestante

Ma torniamo a quei 180.000 files da pochi giorni fruibili da tutti. Ovviamente un database così ampio può contenere ogni tipo di stimolo e curiosità e noi, anche per dare concretezza ai discorsi teorici sin qui fatti, abbiamo provato a capire, con l’aiuto di Luca Pilone, dell’Ufficio Beni Culturali della Tavola valdese, che ha studiato la presenza valdese negli Stati Uniti, quanto l’archivio della NYPL avesse da proporre in relazione alla storia protestante.

Già da tempo è possibile consultare siti come quello del Getty Museum o il portale Archive.org nei quali, immettendo chiavi di ricerca come Waldenses o Vadois, si possono consultare libri, immagini o, in alcuni casi, anche audio e filmati. Eravamo curiosi di scoprire cosa di avrebbe riservato questo nuovo progetto e in effetti provando a incrociare i dati, si può davvero “giocare” con parole e chiavi di ricerca, perdendosi tra mappe, foto e cartoline d’epoca.

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New York Public Library – A new map of the upper part of Italy, containing ye principality of Piemont ye Dutchies of Savoy, Milan, Parma, Mantua, Modena, Tuscany, the dominions of ye Pope &c., the Republiques of Venice, Genoa, Lucca &c.

Seguendo le tracce si può così trovare l’immagine di una mappa del nord Italia del 1736, nella quale, con un po’ di pazienza e utilizzando lo zoom, si possono leggere i riferimenti alle Valli valdesi tra le parole Pignerol, Lucerna e Saluzzo, con riferimenti puntuali ai centri abitati, alle fortificazioni, e alla conformazione del territorio. Una cartina che colpisce per l’altissima definizione con cui è archiviata online.

Proseguendo la ricerca, ci si può imbattere in numerose fotografie tra cui un ritratto giovanile di Matteo Prochet, per anni presidente del Comitato di Evangelizzazione, o una foto del pastore Jean Pierre Meille. Oppure si può incrociare l’immagine di Alessandro Gavazzi, una delle figure di spicco dell’evangelismo italiano dell’Ottocento, o quella più famosa di Charles Beckwith.

Per rimanere sempre in ambito valdese, ampliando ulteriormente i criteri di ricerca si può capitare sulla pagina dedicata a un’immagine catalogata come Blazing Ovens Filled With Vaudois (1655-1685).

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New York Public Library – Blazing Ovens Filled With Vaudois (1655-1685)

Un gioco semplice che, anche solo ad una consultazione superficiale e non sistematica, permette di far emergere le tracce sparse in attesa di essere eventualmente “messe in movimento”.

Se poi si vuole estendere il campo di ricerca a parole che fanno riferimento, ad esempio, alla chiesa presbiteriana negli Stati Uniti, il materiale disponibile ovviamente si moltiplica e il sistema restituisce un fitto elenco di volti, edifici, documenti e immagini di vario genere. Frammenti di una storia che, anche in modo indiretto, ha anche a che fare con quella dell’emigrazione valdese negli Usa. Secondo Luca Pilone «la presenza nella Digital Collection di immagini dedicate alla Chiesa valdese e a quella presbiteriana sembrerebbe quasi ribadire e rendere ancora più forte un legame che affonda le sue radici nel passato. Nel corso dell’Ottocento, infatti, le comunità valdesi in Italia e negli Stati Uniti beneficiarono più volte dell’aiuto e della solidarietà della chiesa presbiteriana che, insieme alle altre denominazioni del vasto e complesso panorama evangelico degli USA, favorirono in territorio statunitense il processo di integrazione degli emigranti di origine valdese nel tessuto sociale di quella nazione».

I frammenti restituiti dall’archivio della NYPL permettono di osservare anche a molta distanza da New York alcuni puntini di questa storia in attesa che magari qualcuno li unisca anche in modo indiretto ed originale.

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ABACVM: a che punto siamo?

Se si può rimanere colpiti o ammutoliti di fronte a progetti così ambizioni, ampi e complessi, vi è da considerare che anche nella piccola “casa” valdese e metodista, dopo la firma del protocollo con il MiBACT e dell’accordo attuativo con l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione e poi dei successivi accordi con la Città di Torino e Camera – Centro Italiano per la Fotografia, si stanno scaldando i motori per quello che sarà l’Archivio digitale Beni e Attività Culturali Valdesi e Metodisti (ABACVM), finanziato dall’Otto per Mille valdese, che potrebbe essere online già dalla prossima primavera. «A breve – dicono dall’Ufficio Beni Culturali – ABACVM sarà accessibile online».

Oltre che una piattaforma informatica per la catalogazione e la promozione dei beni culturali, si tratterà anche di un portale web il cui obiettivo dichiarato è quelli di «rendere fruibili i contenuti legati al patrimonio culturale metodista e valdese nella sua globalità» anche per «rispondere alle esigenze di un pubblico eterogeneo, fornendo più livelli di lettura: uno divulgativo e uno specialistico». 

Tra le curiosità che con ogni probabilità presto vedremo ci sono anche la proposta di «itinerari di visita reali e virtuali legati al patrimonio», la possibilità di «registrarsi e accedere a uno spazio personale dove conservare le ricerche effettuate fino a quel momento, scaricare documenti, stamparli o condividerli», la promozione della possibilità anche per non esperti «di partecipare attivamente al processo di creazione e pubblicazione dei contenuti».

È innegabile che questo passaggio potrebbe rappresentare per valdesi e metodisti un’occasione unica e nuova per raccontare e testimoniare la prospettiva storica della propria presenza in Italia, e non solo. Presto la collezione di beni e immagini sarà consultabile da tutti e tutte attraverso il proprio browser e in molti, speriamo, potranno lasciarsi sorprendere in modo nuovo anche da questo pezzetto di storia.