Al via stamane la 47° Assemblea Generale dell’Unione evangelica battista

Aperti i lavori a Montesilvano (Pe) per i 150 delegati e delegate

 

Il culto guidato dal pastore Simone De Giuseppe ha aperto questa mattina 19 settembre  la 47° Assemblea  Generale dell’Ucebi, l’Unione delle chiese evangeliche battiste in Italia, accompagnato dai molti inni cantati e suonati con gioia dai delegati e dalle delegate guidati da Carlo Lella del Ministero musicale Ucebi.

 

Il versetto scelto per guidare i lavori dell’assemblea riunita a Montesilvano è “Infatti, fratelli e sorelle, guardate la vostra vocazione” dalla Prima lettera ai Corinzi, e il pastore De Giuseppe ha ricordato come «Cristo ci insegna a mettere in pratica la nostra vocazione, le nostre vocazioni, ognuna unica e importante».

 

La parola è poi andata a Giovanni Arcidiacono, che dopo 8 anni chiude in questi giorni il suo mandato alla guida dell’Unione battista. Anni intensi, caratterizzati gioco forza dall’epocale sfida posta dall’epidemia di Covid che ha messo alla prova anche la tenuta delle comunità di chiese.

 

«Siete bellissimi» ha voluto esordire Arcidiacono, prima di ragionare sul verbo “guardare” e su come lo decliniamo nella nostra vita quotidiana. Come guardiamo al mondo dunque, agli altri, ma anche a noi stessi, alle nostre vocazioni ricevute. L’atto del guardare implica dirigere gli occhi, fissare lo sguardo, ma non include necessariamente il concetto del vedere, del comprendere.

 

 

«Il motto dell’Assemblea Generale “Guardate la vostra vocazione” (I Cor.1, 26) nasce da tre osservazioni in ambiti diversi: il mondo, la chiesa, e la vocazione ricevuta.

Guardare al mondo, “dove le persone si percepiscono isolate, abbandonate a se stesse, le une contro le altre, dove gli altri sono persone senza nomi, senza volto, senza storia”, un mondo che giustifica i razzismi, i fondamentalismi, i nazionalismi». «Un sistema disumanizzante», ha sottolineato il presidente, c«he non assume su di sé la responsabilità della cura del prossimo, né la cura del creato. La pandemia, le guerre, e il cambiamento climatico ne sono un esempio emblematico». 

 

Guardare la chiesa di Dio: di fronte al mondo sta la chiesa eletta da Dio che attende il suo Regno: «una comunità fatta di fratelli e sorelle di cui si conoscono i nomi e le storie, donne e uomini che condividono la stessa Speranza viva, una chiesa fatta di non molti potenti, né di molti nobili, una comunità che pratica il servizio dell’ospitalità verso i più poveri e i bisognosi; una chiesa inclusiva, umile, segno dell’opera salvifica di Dio sulla croce e del suo agire nel mondo». 

 

La lettera agli Efesini indica qual è la vocazione della chiesa a fronte delle tentazioni ricorrenti di separarsi, conformandosi al presente secolo: «Io dunque, il prigioniero del Signore vi esorto a comportarvi in modo degno della vocazione che vi è stata rivolta, con ogni umiltà e mansuetudine, con pazienza, sopportandovi gli uni gli altri, con amore sforzandovi di conservare l’unità dello Spirito con il vincolo della pace» (4, 1-3). 

 

Lo sforzo delle persone credenti a comportarsi in modo degno della vocazione ricevuta implica il riconoscimento di essere stati creati ad immagine di Dio. «È la somiglianza a Dio che ci deve convincere a non aggrapparci gelosamente alle nostre identità – ha proseguito Arcidiacono –, è la somiglianza a Dio che ci costringe a rendere dialoganti, finanche “abbraccianti”, verso le identità diverse. La somiglianza a Dio – il cui modello è Cristo – ci chiama ad imparare l’umiltà, la mansuetudine e la pazienza».

L’umiltà di cui parla l’apostolo Paolo nell’inno cristologico (Filippesi 2, 1-11); la mansuetudine di cui il filosofo Norberto Bobbio dà una lucida definizione: “La mitezza è il contrario della prepotenza, che è abuso di potenza non solo ostentata ma concretamente esercitata»; infine, la pazienza ovvero la capacità di attendere, antidoto alla “idolatria del tutto e subito”, e capacità di esercitare “il respiro lungo della passione di Dio per l’umanità».

 

Arcidiacono conclude invitando a vivere queste tre virtù nella tensione all’unità dello Spirito «che va conservata come un dono prezioso ricevuto da una persona amica e cara, da trasmettere alle generazioni future affinché i segni della memoria della comunione, quelli del pane e del vino, non si esauriscano in un rito nel quale si mangia e si beve indegnamente (cfr. I Cor. 11, 27)».

 

Ecco che dunque i presenti sono stati invitati a scrivere su un bigliettino quella che considerano la propria principale vocazione e ad appenderli a una parete quale luogo ideale di condivisione. Con la costituzione dell’ assemblea si è infine entrati nel vivo dei lavori. Presidente del seggio è stata votata Susanna Nicoloso, e come vice Sante Cannito.

 

 

Foto di Martina Caroli