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Protesta anti-gay alla Calvary Baptist Church

Domenica 22 gennaio un piccolo gruppo di persone ha fatto irruzione nella Calvary Baptist Church di Washington D. C. per protestare contro la decisione presa dalla chiesa di assumere come co-pastore una coppia lesbica.

Prima che il culto del mattino iniziasse, circa sette persone con cartelli e slogan che condannavano la scelta della chiesa, si sono dirette verso il pulpito. In quel momento la chiesa era praticamente vuota, fatta eccezione per i membri del coro impegnati nelle prove.

I contestatori, che hanno abbandonato il locale di culto solo quando la polizia è stata chiamata, si sono sistemati sul marciapiede di fronte, rivolgendosi con aggressività non solo verso i membri di chiesa che giungevano per partecipare al culto delle 11, ma anche verso i passanti.

I manifestanti non si sono identificati in nessun gruppo particolare. Anche se non hanno nominato mai le nuove pastore – Sally Sarratt e Maria Swearingen, che cominceranno il loro ministero il 26 febbraio prossimo – hanno detto che i membri della comunità «sarebbero andati all’inferno» a causa del loro sostegno alle pastore LGBTQ, e che la chiesa era «la casa di Satana».

Dopo l’accaduto, il culto della mattina si è svolto regolarmente. La pastora Erica Lea ha tenuto il suo sermone sul tema «la chiamata all’unità», ribadendo che l’unità non significa disinteressarsi dei temi importanti per mantenere la pace, ma piuttosto di rivendicarli e di discutere con il prossimo questioni importanti come i diritti degli afroamericani (Black lives matter), i diritti LGBTQ, e l’uguaglianza del matrimonio.

Non solo. Dopo il culto si è svolta l’assemblea annuale della congregazione nel corso della quale la chiesa ha esaminato la proposta, in fase di studio da diversi mesi, di diventare «chiesa santuario». All’unanimità la Chiesa ha votato di aderire al movimento delle «chiese santuario», impegnandosi non solo ad identificare uno spazio in cui dare rifugio agli immigrati che temono di essere deportati, ma a cercare anche i fondi necessari ad assicurare loro un’assistenza legale.

La protesta antigay, seppur inquietante, non ha intimorito nessuno, ma ha anzi rafforzato – anche attraverso la decisione di essere una «chiesa santuario» – il lungo impegno della Calvary Baptist Church ad essere una comunità accogliente, pronta ad essere la voce di coloro che vengono disprezzati e emarginati.