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Nuova Caledonia di nuovo al voto per l’indipendenza dalla Francia

Quello del 2020 sull’indipendenza della Nuova Caledonia, l’arcipelgago nell’Oceano Pacifico, è un referendum di autodeterminazione organizzato il 4 ottobre nell’ambito dell’Accordo di Noumea. Si tratta del terzo referendum sull’indipendenza della Nuova Caledonia dalla Francia, dopo quello organizzato nel 1987 e quello del 2018.

Per rispondere alle richieste dei separatisti, il diritto di voto è riservato ai cittadini che risiedono a lungo e ininterrottamente in Nuova Caledonia, ed in particolare esclude le persone installate dopo il 1994. Inizialmente previsto per il 6 settembre 2020, la consultazione è stata rinviata di un mese a causa della pandemia da Covid-19. Dopo gli “eventi” degli anni ’80 in Nuova Caledonia, le proteste autonomiste, gli scontri con le forze armate e gli accordi di pace, nel 1987 si tenne un referendum. Boicottato dai separatisti, finì per vedere il Si al mantenimento all’interno della Repubblica francese prevalere con il 98.30 % di voti con una partecipazione del 59,10%.

Gli accordi di Matignon, firmati nel 1988 e approvati con referendum nazionale il 6 novembre 1988, prevedevano un referendum nel 1998. Ma l’accordo di Nouméa, firmato nello stesso 1998, spostò il referendum tra il 2014 e il 2018 con la possibilità di farlo seguire da altri due. 

Il referendum del 2018 – segnato da un’alta affluenza (81,01%) – ha visto gli elettori rispondere “no” al 56,67% alla proposta di indipendenza. I risultati rinnovano l’osservazione di una significativa disparità tra i voti delle due principali comunità, kanaka indipendentista ed europea che invece non vuole la secessione da parigi, mentre è escluso dal ballottaggio il 17% degli elettori residenti nell’arcipelago, secondo le liste stabilite dall’accordo di Nouméa di non voto concesso a chi è residente nell’isola da dopo il 1994.

In un contesto di alta affluenza (6,4 punti in più rispetto alla consultazione del 1998 sull’accordo di Noumea), il numero di “no” nel 2018 è risultato inferiore a quanto previsto dai sondaggi. Gli antiseparatisti speravano in una grande vittoria del “no” per vedere annullato lo svolgimento del secondo e terzo referendum previsti dall’accordo di Nouméa. L’articolo 217 della legge organica n. 99-209 del 19 marzo 1999 relativa alla Nuova Caledonia prevede infatti un meccanismo in cui un terzo dei membri del Congresso della Nuova Caledonia può, a partire dal sesto mese successivo alla consultazione richiedere l’organizzazione di due nuove consultazioni nei due e quattro anni successivi al primo referendum. All’interno del Congresso eletto per il periodo 2019-2024, i separatisti detengono insieme 26 seggi su 54, ovvero poco più del 48% dei suoi membri.

A metà giugno 2019, la maggioranza dei membri del Congresso ha chiesto l’organizzazione di questo nuovo referendum. 

La consultazione riguarda il trasferimento alla Nuova Caledonia di poteri sovrani, l’accesso a uno status internazionale di piena responsabilità e l’organizzazione della cittadinanza in nazionalità. Il referendum è ufficialmente chiamato “consultazione sull’adesione della Nuova Caledonia alla piena sovranità”.

La questione posta ai neo-caledoniani è stata oggetto di dibattito nel 2018 per il primo referendum tra separatisti e antiseparatisti sulle espressioni “piena sovranità” e “indipendenza”. Il 28 marzo 2018 è stato finalmente trovato un compromesso dopo i negoziati tra il governo francese guidato allora da Édouard Philippe e le varie parti. La domanda per il referendum sull’indipendenza del 2018, e mantenuta per quello del 2020, è: “Vuoi che la Nuova Caledonia acquisisca la piena sovranità e diventi indipendente? “

La popolazione kanaka, autoctona, per la prima volta negli ultimi anni è divenuta minoranza rispetto agli oriundi provenienti dalla Francia, e questo pare sbilanciare il referendum verso un no all’indipendenza.

La Nuova Caledonia è dotata di uno status speciale ed è amministrata da un Alto Commissario. Il Governo viene esercitato da un Congresso formato dai componenti delle assemblee provinciali, per un totale di 54 membri. Nel Parlamento francese, la Nuova Caledonia, che conta poco più di 250 mila abitanti, viene rappresentata da un senatore e due deputati.

L’arcipelago è stato scoperto da James Cook nel 1774 che lo battezzò in quel modo perché le isole gli ricordavano la Scozia, anticamente chiamata proprio Caledonia. Dal 1864 ai primi anni del ventesimo secolo fu una delle principali colonie penali di Parigi.

La Epknc, la Chiesa protestante dei Kanaky della Nuova Caledonia, in cui si riconosce circa il 10% degli abitanti dell’arcipelago del Pacifico, e che come la Chiesa valdese fa parte della Cevaa, la Comunità di chiese in missione, ha in questi anni giocato un ruolo importante nel traghettare l’arcipelago in un processo di maggiore autonomia da Parigi, e al contempo si è fatta portavoce senza tregua di un dialogo sereno e maturo fra le parti

Un quarto delle riserve mondiali di Nichel si trova qui. Elemento fondamentale per la fabbricazione dell’acciaio inox, delle monete, delle batterie, dei vestiti, dei cosmetici e di molto altro ancora. il Nichel ha un’enorme valore industriale (100 mila tonnellate annue estratte, un quarto del totale mondiale) e il business è ovviamente in mani francesi, fra le proteste per l’inquinamento correlato alla presenza di aziende metallurgiche, accusate di danneggiare la delicata e preziosa barriera corallina e in generale l’equilibrio flora-faunistico dell’area. Da qui le costanti attenzioni di Parigi per non perdere un tale patrimonio.

Se la maggioranza dei 275mila abitanti della collettività voterà per l’indipendenza, la Nuova Caledonia sarà il primo territorio francese a separarsi dal paese dal 1980, quando ottenne l’indipendenza Vanuatu.

 

Foto, Tempio protestante a Noumea — Travail personnel, CC BY-SA 3.0,