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Julian Assange. E noi?

La ministra dell’Interno del Regno Unito, Priti Patel, due giorni fa, ha autorizzato l’estradizione di Julian Assange negli Usa. Con questa decisione si colpisce l’intera informazione. Le organizzazioni internazionali dei giornalisti e quelle che difendono i diritti umani dicono il loro no a questa decisione.

Negli Usa il giornalista dovrà affrontare le accuse rivoltegli, relative alla Legge sullo spionaggio.

«Questa decisione pone Assange in grande pericolo e invia un messaggio agghiacciante ai giornalisti in ogni parte del mondo», dichiara Agnés Callamard, segretaria generale di Amnesty International

«Se l’estradizione andrà avanti, Assange correrà il grande rischio di essere posto in isolamento prolungato, in violazione del divieto di maltrattamenti e torture. Le assicurazioni diplomatiche fornite dagli Usa, secondo le quali Assange non sarà tenuto in isolamento, non possono essere prese sul serio, dati i precedenti-  ha aggiunto Callamard -. Chiediamo al Regno Unito di non estradare Assange e agli Usa di annullare le accuse affinché Assange sia liberato», ha concluso Callamard. È probabile che ora saranno messi in essere ulteriori appelli contro l’estradizione, basati sulla violazione del diritto alla libertà d’espressione. 

Un giorno buio per la libertà di stampa, ha scritto il sito Wikileaks, commentando la decisione finale della Gran Bretagna. 

«Oggi non è la fine della lotta. È l’inizio di una nuova battaglia legale», ha dichiarato la moglie di Julian Assange, Stella Assange.

Sull’estradizione di Julian Assange dura è stata – oltre a quella espressa dalla Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi) – la reazione della Federazione europea dei giornalisti (Efj) e della Federazione internazionale dei giornalisti (Ifj). 

«Le assemblee generali delle due Federazioni – scrive Anna Del Freo della Efj su Articolo 21.org -, durante i recenti meeting triennali in Turchia e Oman, si erano espresse per il rilascio del giornalista e avevano lanciato un appello in questo senso. Il 22 aprile scorso, inoltre, la Ifj, insieme ad altre 18 organizzazioni che difendono la libertà di stampa, aveva inviato a Patel una richiesta urgente affinché rifiutasse la richiesta di estradizione da parte degli Usa. Efj e Ifj – scriveva il giorno della decisione dell’estradizione Del Freo – condannano oggi in modo fermo la decisione della ministra e la bollano come “vergognosa” e come un “terribile precedente per tutti coloro che ogni giorno si battono per dire la verità”». Negli Usa, Assange dovrà affrontare 17 accuse tra Frodi informatiche e abusi, che potrebbero costargli 175 anni complessivi di carcere. 

Ifj ed Efj sono convinte che questo precedente «possa venir applicato a tutti i media che pubblicano storie basate su informazioni trapelate non ufficialmente e a qualsiasi giornalista , editore o font, in qualunque parte del mondo», scrive ancora la Federazione europea.

«La Federazione internazionale – prosegue Del Freo –  ha poi denunciato la mancanza di una forma di giustizia adeguata nel procedimento che potrebbe avere luogo. Assange non avrebbe gli strumenti per difendersi perché lo Spionage Act, la legge sullo spionaggio, non riconosce il pubblico interesse».

Questa decisione, «che fa vergognare il Governo Britannico, renderà felici gli autocrati e i nemici della libertà di stampa – ha dichiarato la nuova presidente della Federazione europea, Maja Sever -. Una decisione che mette in discussione la libertà dei giornalisti di attribuire responsabilità agli Stati potenti. Basterà, infatti, accusare i giornalisti che denunciano crimini di guerra o corruzione di essere spie per farli estradare».

La nuova presidente della Ifj Dominique Peradalié, ha affermato, «L’estradizione di Assange è un vero colpo alla libertà di stampa. Assange ha semplicemente esposto questioni che erano d’interesse pubblico […]. La nostra speranza risiede ora in un ricorso contro questa decisione. Tutti i giornalisti devono sostenere Assange, che ha consentito di rivelare i crimini di guerra dell’esercito americano in Iraq e Afghanistan».