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Desaparecidos. Il 23 aprile del 1985 si apriva il processo alla dittatura argentina

Era il 23 aprile del 1985 quando in Argentina prese avvio il processo a sei generali e tre ammiragli, fra i quali il generale Videla e il generale Viola, accusati di essere i responsabili durante il regime militare della sparizione, della tortura e della morte di migliaia di persone, i cosiddetti desaparecidos. Il processo si concluse a dicembre con la condanna all’ergastolo dei generali Jorge Videla e Emilio Massera più varie altre condanne ai coimputati.

In Italia a Roma a partire dal 2015 è stato istruito un altro processo volto a giudicare gli ideatori del cosiddetto “piano Condor”, la sistematica sparizione di migliaia di dissidenti, messa in atto fra gli anni’70 e i primi anni ’80; processo che si è potuto istruire nel nostro Paese data l’origine italiana di alcuni dei sequestrati e giustiziati, 43 in tutto. Il processo ha visto. sul naco degli imputati 27 persone, in pratica i vertici politici e militari di Cile, Argentina, Bolivia, Perù e Uruguay, e  si è concluso con la sentenza della Corte d’Assise di Appello l’8 luglio 2019.

Otto i condannati all’ergastolo, fra cui Luis Garcia Meza Tejada, ex presidente della Bolivia, Francisco Morales Cerruti Bermudez, ex presidente del Perù, e Pedro Richter Prada, ex primo ministro del Perù. Diciannove assoluzioni.

Condanne che certificarono da un punto di vista giudiziario l’esistenza del piano Condor ma che lasciarono scontente molte associazioni e privati cittadini spesero la loro intera vita per denunciare le atrocità di cui erano state vittime o spettatori di crimini commessi durante gli anni della dittatura in Argentina, tra il 1976 e il 1983, e sviluppatasi con violenze, torture e la sparizione di migliaia di persone. 

Anche la Chiesa del Rio de la Plata patì gli anni delle dittature sudamericane.

«I nostri fratelli valdesi del Sud America – ricordavano Claudio Geymonat e Marco Rostan su Riforma.it a pochi giorni dalla conclusione del processo Condor e in occasione della visita del docente e testimone uruguaiano Lewis Rostan nelle «valli valdesi» – patirono il clima di terrore di quegli anni. La Chiesa valdese del Rio la Plata non fu direttamente accusata, ma certamente patì la dittatura che provocò una profonda divisione, non solo politica, nelle varie comunità. Ad un certo punto fu chiuso il giornale Mensajero Valdense, diretto all’epoca dal pastore Carlos Delmonte. Altri nella chiesa valdese non volevano apparire troppo critici verso la dittatura (non dimentichiamo mai che anche nella chiesa valdese italiana, sotto il fascismo e durante la Resistenza non ci furono solo quelli che stavano con i partigiani aiutandoli, ma anche i favorevoli a Mussolini e soprattutto chi temeva di prendere una posizione netta per paura – non certo esagerata – delle rappresaglie contro la popolazione valdese)».