Edilizia popolare, anche la legge regionale piemontese andrà al vaglio della Corte Costituzionale

Dopo il Tribunale di Padova e le Regioni Marche, Liguria e Lombardia arriva anche l’ordinanza di rimessione da parte del Tribunale di Torino

Il Tribunale di Torino, con ordinanza del 10 novembre 2023, ha rimesso alla Corte Costituzionale la valutazione di legittimità della legge regionale piemontese sull’accesso alla case popolari (l.r. 3/2010) ed in particolare dell’art. 3 c. 1 lett. b)- secondo cui “per conseguire l’assegnazione di un alloggio di edilizia sociale” occorre «avere la residenza anagrafica o l’attività lavorativa esclusiva o principale da almeno cinque anni nel territorio regionale, con almeno tre anni, anche non continuativi all’interno dell’ambito di competenza degli enti gestori delle politiche socio-assistenziali o essere iscritti all’AIRE».

Dopo il Tribunale di Padova che ha sollevato la questione con ordinanza del 18 maggio 2023 e le Regioni Marche, Liguria e Lombardia su cui la Corte Costituzionale si è già pronunciata sancendo l’incostituzionalità del requisito della residenza quinquennale, arriva anche l’ordinanza di rimessione da parte del Tribunale di Torino.

Il giudice torinese, dopo aver richiamato le precedenti pronunce, ha aggiunto che, nel caso di specie, le considerazioni in ordine alla violazione dell’art. 3 Cost. «risultano rafforzate dall’esclusione della necessità del requisito residenziale o lavorativo per coloro che sono “iscritti all’AIRE”, che introduce una distinzione priva di giustificazione rispetto alla funzione del servizio. Per questi motivi, è da ritenere che la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 c. 1 lett. b) L. Reg. Piemonte 3/2010, sia rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento ai principi di eguaglianza, anche sostanziale, e di ragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione».
Il Comune di Torino, insieme ad altri Comuni piemontesi, aveva peraltro già ammesso con riserva all’ottavo bando di assegnazione di Alloggi ERP (Edilizia residenziale pubblica) i cittadini extra UE con meno di 5 anni di residenza.

Il Tribunale ha invece ritenuto manifestamente infondata la questione della illegittimità del requisito della c.d. “impossidenza planetaria”, prevista all’art. 3 c. 1 lett. c) della legge regionale, secondo cui «i componenti il nucleo non devono essere titolari, complessivamente, di diritto di proprietà, usufrutto, uso o abitazione, ad eccezione della nuda proprietà, su un alloggio ubicato in qualsiasi comune del territorio nazionale o all’estero».

Tale norma, secondo Asgi, l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, «viola il canone di ragionevolezza per quanto riguarda in particolare le persone titolari di protezione internazionale (che non possono ovviamente produrre alcuna documentazione dal Pase di provenienza e per il fatto stesso di essere rifugiate, difficilmente avranno con sé qualsivoglia documentazione), e si pone in contrasto con i principi affermati dalla Corte Costituzionale nelle sentenze n. 176/2000 e 9/2021 secondo cui è la richiesta di documenti aggiuntivi (in quel caso ai soli stranieri) costituisce un mero “ostacolo burocratico” (corte Cost. 9/2021) all’accesso alla casa: un ostacolo del tutto ingiustificato, inidoneo a pervenire all’obiettivo del controllo globale sulle proprietà immobiliari (quand’anche fosse legittimo) e perciò discriminatorio».

Sebbene in tali casi il requisito fosse previsto per i soli cittadini stranieri, «è pacifico dalla lettura della sentenza 9/2021 che la Corte avrebbe ben volentieri censurato anche il requisito in sé stesso della “impossidenza planetaria”: non potendolo fare per mancata di impugnazione della norma in questa parte, si è limitata a caducare l’onere di documentazione a carico degli stranier» prosegue l’analisi di Asgi.

Il giudice torinese ha tuttavia ritenuto che la norma dell’”impossidenza planetaria” della legge piemontese fosse meno restrittiva rispetto a quelle già censurate dalla Corte Costituzionale e dal Tribunale di Milano e che fosse compatibile con una interpretazione che consenta di tener conto delle «peculiari esigenze dei titolari di protezione internazionale».

«In attesa della pronuncia della Corte Costituzionale – conclude Asgi-, che auspicabilmente si conformerà alle precedenti, tutti i Comuni piemontesi con i bandi aperti dovrebbero, in ossequio al principio di imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione, ammettere con riserva le persone straniere che non siano titolari del requisito dei 5 anni di residenza, in presenza degli altri requisiti richiesti dalla legge».

Foto di Maurovez