Sulle Alpi è caccia al migrante

Controlli rafforzati, inseguimenti, respingimenti e fermi. Il giro di vite francese. Intanto una sentenza europea condanna queste pratiche, in un cortocircuito fra Unione Europea e singoli Stati

La settimana scorsa, la prefettura delle Hautes-Alpes sulle Alpi al confine con l’Italia, ha annunciato l’arrivo, a partire da giovedì 21 settembre, di 84 agenti aggiuntivi destinati a rafforzare i controlli alla frontiera franco-italiana. Da allora gli arresti si sono moltiplicati attorno al confine, fino alla città di Briançon, e anche oltre, a oltre 20 km dal confine, dove la polizia sta rintracciando gli esuli per cacciarli dagli spazi pubblici. 

Le pratiche di controllo sulle persone in transito nella città di Briançon sono cambiate: ogni giorno, più di dieci persone vengono trattenute presso la stazione di polizia, a volte per un’intera notte, a seguito di controlli d’identità nella città stessa, un evento piuttosto raro fino a ora. Le persone vengono inseguiti anche oltre Briançon, in treno, sugli autobus, e fino a Parigi. La presenza della polizia è rafforzata anche a Marsiglia, Gap e Grenoble.

Nella città di frontiera di Briançon, queste ondate di arresti dissuadono le persone dallo spostarsi, al sicuro solo nell’unica area di accoglienza attualmente aperta, un edificio occupato in autogestione. L’azienda pubblica locale delle acque potabili “Eau Service de la Haute Durance”, il cui presidente altri non è che il sindaco di Briançon, Arnaud Murgia, ha interrotto l’approvvigionamento idrico di questo edificio il 17 agosto. Aggravando la precarietà delle persone ospitate, questa decisione ha forti ricadute sulla salute e sul rispetto dei diritti fondamentali delle persone. È stato presentato un ricorso contro tale decisione, ma come potete leggere dalla recentissima sentenza del Tribunale amministrativo di Marsiglia (in francese), il ricorso è stato bocciato con giustificazioni burocratiche ( la non effettiva possibilità di accertare chi e come risiede nel centro di accoglienza…)

Il prefetto ha dato ordine di aumentare la presenza della polizia nella città . L’aumento dei controlli d’identità mirerebbe a prevenire un aumento dell’“inciviltà” legata al contesto di pressione migratoria. La polizia ribadisce che i controlli effettuati nella città alpina sono controlli cosiddetti “Schengen”, possibili in una fascia di 20 km dopo la frontiera, finalizzati alla ricerca e alla prevenzione della criminalità transfrontaliera.

La Cgue (Corte di giustizia dell’Unione europea) ha ricordato chiaramente nella sua sentenza del 21 settembre (la trovate qui) che la Francia sta attuando pratiche illegali in termini di controlli e confinamento alle frontiere interne e che è tenuta a rispettare i testi europei , cosa che non avviene. La sentenza della Cgue impone la giurisprudenza a tutti gli Stati membri dell’Unione europea, ma in particolare è rivolta alla Francia, che dal 2015 ha reintrodotto i controlli alle frontiere interne.

Le associazioni Medici del Mondo e Tous Migrants hanno condotto un sondaggio di una settimana alla fine di agosto e i risultati delle osservazioni confermano ciò che viene documentato da diversi anni: questo sistema di controllo delle frontiere mette in pericolo le persone. Essa non impedisce assolutamente alle persone di entrare in Francia, ma anzi ne aumenta la vulnerabilità rendendo il passaggio più difficile e pericoloso.
Esemplificative in tal senso le storie di chi attraversa la frontiera: controlli a sorpresa, inseguimenti da parte delle forze dell’ordine, che provocano cadute, con fratture, distorsioni o perdita di coscienza. Camminando in media 10 ore dall’Italia per raggiungere Briançon, le persone segnalano estrema stanchezza, disidratazione e il rischio di perdersi tra le montagne. Alcuni hanno trascorso più di 48 ore in montagna, a volte senza mangiare né bere. Questo ennesimo attraversamento dei confini, con tentativi spesso multipli, si aggiunge a un viaggio migratorio estremamente faticoso: aspetti che possono fare riemergere esperienze traumatiche che potrebbero comportare cambiamenti nella salute mentale. I racconti raccolti nelle ultime settimane e le osservazioni di Medici del Mondo durante gli ambulatori medici confermano queste tendenze.

La maggior parte delle persone che attraversano il confine provengono da paesi dell’Africa sub-sahariana e, più recentemente, dal Sudan, e hanno diritto all’asilo o alla protezione sussidiaria. Respingerli in Italia in modo sistematico e collettivo ignora i diritti di asilo europei. Allo stesso modo, adottare misure di allontanamento nei loro confronti verso i loro paesi di origine, dove rischiano la morte o la tortura, è contrario al principio di non respingimento (articolo 33 della Convenzione del 1951 relativa allo status di rifugiato).

La Corte di giustizia europea con la sentenza del 21 settembre (giunta a seguito di un ricorso di varie associazioni francesi fra cui la protestante “La Cimade”) ha stabilito che i Paesi europei non hanno il diritto di rifiutare l’ingresso agli immigrati irregolari, anche se dispongono di controlli alle frontiere. 

Il Paese deve rispettare la “direttiva rimpatri”, una legge che stabilisce che a un cittadino extraeuropeo può «essere concesso un certo periodo di tempo per lasciare volontariamente il territorio».

«Si può decidere di rifiutare l’ingresso ma, quando si chiede l’allontanamento della persona interessata, devono comunque essere rispettate le norme e le procedure comuni previste dalla direttiva rimpatri», ha dichiarato il tribunale di Lussemburgo.

Ha inoltre affermato che «l’esclusione dall’ambito di applicazione di questa direttiva dei cittadini stranieri che soggiornano irregolarmente sul territorio» può essere effettuata solo «in via eccezionale».
Negli ultimi otto anni, tutti i treni che passano per la città costiera francese di Mentone sono stati controllati e la polizia ha monitorato i posti di frontiera e pattugliato le Alpi.

La decisione del tribunale europeo è arrivata in un momento in cui l’attenzione si è concentrata sul confine italo-francese. In seguito al recente arrivo di un gran numero di persone sull’isola italiana di Lampedusa, il ministro degli Interni francese, Gérald Darmanin, ha annunciato l’invio di 200 agenti di polizia supplementari al confine tra i due Paesi.

La Francia «non accoglierà i migranti» provenienti dall’isola italiana, ha dichiarato il ministro. Continua il corto circuito fra Unione Europea e singoli Stati.

Nel frattempo, la direttrice dipartimentale della polizia di frontiera, Emmanuelle Joubert, ha annunciato che più di 3.000 migranti sono stati fermati a Mentone nel giro di due settimane. Questo porta a 32.000 il numero di arresti dall’inizio dell’anno lungo il confine franco-italiano. Di questi, 24.000 sono stati respinti e consegnati alle autorità italiane.

Joubert ha dichiarato di essere stata informata della sentenza dalla Corte di giustizia europea. «Lo Stato sta effettuando un’analisi, avremo istruzioni più avanti», ha detto, aggiungendo che i migranti arrivati di recente a Lampedusa non dovrebbero arrivare al confine francese prima di «diverse settimane».