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La salvezza appartiene a Dio

Sordi, o Dio, giudica la terra, poiché tutte le nazioni ti appartengono
Salmo 82, 8

Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui
Giovanni 3, 17

Dal Vangelo di Giovanni ci separano un paio di migliaia di anni, malcontati per mancanza di informazioni precise. Molte cose sono cambiate nella nostra concezione del mondo, e probabilmente la più fondamentale di queste è che abbiamo acquisito la capacità di autodistruggerci. Detta così, non sembra un grande conseguimento, e forse non lo è. La parte buona di tutto questo è che, a tratti e in maniera confusa, ne siamo consapevoli. Forse un’altra cosa che è cambiata è che noi non useremmo più la parola “mondo” come sinonimo di “umanità”, ma ci riserveremmo un posto meno ingombrante, più piccolo, anche se sempre in prima fila, e forse ci renderemmo conto che la fila l’abbiamo scelta noi, e in gran parte di prepotenza. Potremmo dire che abbiamo imparato a praticare il giudizio su noi stessi, e se fosse vero (è tra le cose per cui prego) significherebbe che la nostra giovanissima specie inizia a entrare nella sua maturità, cosa da cui dipende la sua salvezza materiale. Praticare il giudizio è diverso da giudicare, e noi abbiamo diritto di fare la prima cosa, e non la seconda, che spetta solo al Signore. Noi rimaniamo specie, e tutto quello che possiamo fare è cercare che le nostre azioni non si affastellino le une sulle altre, facendo rovinare a terra il castello di carte della nostra sopravvivenza. Non è un quadro di cui andare fieri, è quello che riesco a dipingere, ma credo molto nel coraggio personale e collettivo di andare avanti per il meglio. Ci credo perché credo che non un solo istante di sofferenza vada perduto e sia senza valore, che niente sia senza scopo e che niente si disperda. Non chiedetemi come, non ne ho la minima idea, ma penso che sia la gioia che il dolore, e forse soprattutto quest’ultimo perché viene subito e non cercato, abbiano un peso, che essere cristiani sia anche accettare e capire questo. Nel mio piccolo, chiamo tutto ciò “salvezza”.