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Diaconia. Per un nuovo «approccio ecumenico»

Settant’anni fa, sin dalla sua fondazione, il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), attraverso il suo servizio diaconale, ha facilitato il reinsediamento di centinaia di migliaia di rifugiati, dopo le devastazioni causate dalla Seconda guerra mondiale. Ora (due generazioni dopo) il Cec ha riunito le forze per «ri-immaginare» e «ri-accendere» la diaconia nel contesto in cui opera oggi, radicalmente diverso. Da quattro anni, infatti, un gruppo di lavoro congiunto si è impegnato nell’elaborazione di un testo sul «servizio della chiesa nel mondo». L’equipe era formata da membri del Cec, di Act-Alliance e della Federazione luterana mondiale (Flm). «La diaconia tenta un approccio più globale e lo sta facendo grazie alle relazioni ecumeniche e grazie alla rivitalizzazione delle tre organizzazioni coinvolte», si legge.

Sebbene il documento affondi le proprie radici nelle scritture bibliche, storiche e teologiche e nel vivere contemporaneo del servizio ecclesiastico, «l’obiettivo è olistico, pragmatico e intende chiarire che la diaconia ecumenica è la piattaforma sulla quale poter agire e riflettere insieme». Un documento, auspicano i redattori, «che possa essere anche un utile uno strumento per accompagnare il Pellegrinaggio per la Giustizia e la Pace». Questo ambizioso percorso di ripensamento della diaconia «è stato intrapreso per facilitare e fornire nuove energie alle chiese, così alle organizzazioni ecumeniche e ai ministeri pastorali in un’epoca caratterizzata da maggiori bisogni e minori risorse», ha affermato Isabel Apawo Phiri, la vice segretaria generale del Cec, che ha proseguito, «l’obiettivo è realizzare ponti e nuove comprensioni teologiche per giungere ad un approccio più laico e basato sui diritti».

Il documento, sarà presentato il prossimo giugno al Comitato centrale del Cec a Ginevra; ora è disponibile online in inglese, tedesco, francese e spagnolo con una guida allo studio. Le chiese membro del Cec, sono invitate a fornire commenti e osservazioni, entro l’8 giugno 2018. «L’escalation delle gravità nel mondo che ci circonda ci chiede un nuovo approccio ecumenico – ha proseguito Phiri –. La posta in gioco è molto alta e le chiese dovranno essere unite per affrontare la povertà, la fame, le crisi, le guerre, la tutela della salute globale, le disparità finanziarie, le ingiustizie. Speriamo, sinceramente, – conclude Phiri – che le nostre chiese, e così le agenzie e i programmi mondiali d’aiuto, possano trarre ispirazione da questo documento; per discernere dov’essere chiamati e come intervenire strategicamente ed efficacemente nelle aree più bisognose del nostro piccolo mondo».