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Duchamp, Magritte, Dalì e gli altri

Il ‘900 è un secolo che ancora oggi non manca di interrogarci ponendoci di fronte alle immagini e all’arte prodotta in quei decenni, come vero e proprio riferimento visivo imprescindibile, che si tratti di addetti o non, dell’arte contemporanea.

La parola che meglio esprime questo strappo tra passato e futuro è rivoluzione, ed è proprio in quest’ottica che grandi artisti dell’epoca vengono inseriti in un percorso espositivo a Bologna, presso Palazzo Albergati fino all’11 febbraio 2018. Duchamp, Magritte, Dalì. I Rivoluzionari del ‘900 –

Capolavori dall’Israel Museum di Gerusalemme parte da questi tre grandi artisti per parlarci di un epoca ricca e produttiva dal punto di vista delle immagini ma anche delle idee e del pensiero sulla realtà. Un percorso di immagini antiche di un secolo ma che ancora oggi sono conosciute e riconosciute come contemporanee. Ne parliamo con Sergio Gaddi, curatore di Artemisia e dei Racconti dell’Arte.

Le opere provengono dall’Israel Museum di Gerusalemme. Com’è nata questa collaborazione?

«L’Israel Museum è uno dei più interessanti d’Europa, con il quale Artemisia ha un rapporto consolidato. Il dato interessante di questa collezione è che dà una panoramica completa su due momenti essenziali dell’arte: il Dada e poi, automaticamente, il Surrealismo.

Dada è fondamentale perché, quando nasce a Zurigo con il Cabaret Voltaire, è una sorta di ribellione verso l’ordine costituito, verso tutti i frutti della ragione, verso i secoli di storia e di cultura che avevano prodotto la prima guerra mondiale. Sono artisti che capiscono che, se la ragione porta a quello, allora tanto vale azzerare tutto, radere completamente al suolo queste tradizioni secolari per riprendere un nuovo percorso. Dada è la parte distruttiva dell’inizio della rivoluzione del ‘900. Ma se consideriamo questo punto di partenza, capiamo come moltissima arte contemporanea nasca da li; è stato davvero una sorta di big bang dell’arte contemporanea».

Ognuno dei tre artisti principali in mostra ha dato il suo contributo in un modo specifico. Come potrebbe descrivere questo loro aspetto rivoluzionario?

«Gli artisti in mostra sono numerosi ma partirei da Duchamp, con il famoso esperimento che fece, quello dell’orinatoio mandato in esposizione e chiamato Fontana, quindi girato rispetto al punto di vista della normale funzione d’uso. La rivoluzione di Duchamp è quella che porta un oggetto, decontestualizzato, all’ essere prodotto d’arte che diventa tale in virtù dell’azione dell’artista. Un qualcosa di assolutamente ordinario, quotidiano come un orinatoio, se decontestualizzato e inserito in un museo, diventa oggetto d’arte. Questa è la nascita del concettuale, del ready-made, cioè il prodotto già fatto che diventa espressione d’arte grazie a questo tocco magico dell’artista.

Ben diverso da Magritte che, viceversa, è un pittore che crea accostamenti impossibili ma che danno una parvenza di verosimiglianza producendo una sorta di stupore. Il castello dei Pirenei, opera sublime esposta in mostra, rappresenta questo enorme masso con una costruzione all’apice che galleggia nel classico cielo di nuvole molto lieve, è quasi come se trasmettesse un senso di leggerezza contro la pesantezza della materia. Il surrealismo magrittiano è quello dell’incontro impossibile, del sogno, della poesia. Un altro aspetto centrale che si evidenzia anche nell’opera di Dalì, è come, sia i dadaisti prima che i surrealisti poi, identifichino nel sogno la base e la partenza fondamentale del percorso artistico. La definizione di surrealismo è l’automatismo psichico: il pensiero deve uscire dal corpo senza barriere, interruzioni o ostacoli come possono essere la cultura, la storia, la morale; deve essere una sorta di automatismo. L’idea pensata deve uscire dal corpo così come è stata concepita. Ed ecco quindi le improbabili e imprevedibili creazioni di questi artisti».

In che modo le rivoluzioni surrealiste ci parlano e si mettono in relazioni col mondo contemporaneo?

«Innanzitutto ci dicono che molta dell’arte contemporanea di oggi è imitazione di quella rivoluzione di ieri. Molte opere, anche incomprensibili, diventano chiare quando hanno un’autonomia, viceversa diventano imitazioni quando è la ripetizione di ciò che fu fatto. Il ‘900 è stato un periodo irripetibile anche dal punto di vista storico: la devastazione delle guerre ha provocato una mancanza di fiducia globale nell’umanità, per cui l’arte diventa una specie di reazione a un mondo destinato inesorabilmente ad andare verso la sconfitta. L’artista che sente questo dramma risponde con quell’impostazione. Oggi nonostante il clima sociale sia naturalmente diverso, l’attualità del messaggio del surrealismo rimane assolutamente vero, tant’è che nella nostra cultura contemporanea quotidiana moltissime delle visioni e delle innovazioni dell’epoca ritornano: Magritte è iconico e riconoscibile ancora oggi, quelle immagini appartengono al nostro repertorio visivo e quindi alla grande eredità surrealista. Rispetto a ognuno di questi artisti si sono formati legioni di imitatori».

Foto Di Halsman, Philippe, photographer. – Questa image è disponibile presso la Divisione Stampe e Fotografie (Prints and Photographs Division) della Biblioteca del Congresso sotto l’ID digitale ppmsca.09633. Questo tag non indica lo stato del copyright dell’opera ad essa associata. È comunque necessario un tag specifico relativo al copyright. Consultare Commons:Licensing per maggiori informazioni. Pubblico dominio, Collegamento