Chi persevera riceve la promessa
Un giorno una parola – commento a Apocalisse 2, 2
Il Signore risvegliò lo spirito di tutto il popolo; essi vennero e cominciarono a lavorare nella casa del Signore degli eserciti, loro Dio
Aggeo 1, 14
Io conosco le tue opere, la tua fatica, la tua costanza
Apocalisse 2, 2
Queste parole si trovano nella lettera che l’Apocalisse indirizza alla chiesa di Efeso, una città mercantile, vivace sotto il punto di vista religioso-culturale, incentrato sul culto di Artemide, volano dell’economia (come testimoniato anche da Atti 19). Una chiesa che corre un rischio duplice: quello del compromesso con la cultura dominante e quello dell’eresia.
In questa situazione l’Apocalisse evidenzia quel che potremmo riassumere con “resistenza”: la comunità non ha ceduto davanti a falsi ma ha testato e rigettato gli impostori. Le azioni della comunità non sono secondarie: sono indici di fedeltà nel tempo del giudizio imminente; sono testimonianza, cura reciproca, rifiuto dell’idolatria e del compromesso; sono segni di una chiesa che partecipa all’agire di Dio nella storia.
Parlare di fatica ricorda che agire costa, evangelizzare in un mondo pagano è complesso, resistere alle pressioni economiche e religiose è rischioso. L’Apocalisse si rivolge a una chiesa che fatica perché è coinvolta nella battaglia cosmica dove il male è potente.
Per questo motivo la parola “costanza” è decisiva: quel modo di essere che tiene insieme opere e fatica: senza costanza le opere si spengono, la fatica diventa vana. Chi persevera riceve la promessa. È una virtù che ha dimensione escatologica (attendere e resistere fino alla venuta definitiva).
Le parole di Apocalisse 2, 2 mettono in evidenza tre aspetti cruciali: le opere (ciò che la comunità fa), la fatica (il prezzo pagato), la costanza (la resistenza nel tempo).
Dimensioni che costituiscono la testimonianza concreta. Amen.