Cina, nuovi divieti per le religioni su internet
Tra le attività vietate online dal nuovo codice: predicazioni, riti e attività educative
Il Dipartimento per gli Affari religiosi di Pechino ha pubblicato il 16 settembre un nuovo “Codice di condotta per il clero religioso su internet”, composto da 18 articoli, che definisce in dettaglio ciò che i rappresentanti delle religioni ufficialmente riconosciute possono o non possono fare sul web.
Il documento riafferma che i leader religiosi devono “aderire ai valori fondamentali del socialismo, seguire il principio dell’indipendenza e dell’autogestione delle religioni in Cina e promuovere l’armonia religiosa e sociale”. L’obiettivo dichiarato è “mantenere l’ordine nel campo religioso” e guidare le fedi verso un adattamento alla società socialista.
Le nuove disposizioni vietano la predicazione online al di fuori dei canali ufficiali autorizzati da associazioni o scuole religiose registrate. Chi apre account pubblici o utilizza piattaforme digitali per attività di tipo religioso deve presentare un certificato che attesti la propria appartenenza alle religioni ufficialmente riconosciute.
Tra i divieti più stringenti c’è quello di organizzare attività educative per i minori, anche sotto forma di campi estivi o corsi online, nonché il divieto di trasmettere dirette, diffondere brevi video o organizzare riti religiosi via internet, come celebrazioni, raccolte di offerte, preghiere o momenti di meditazione. È proibita anche la raccolta di fondi online per costruire luoghi di culto o finanziare attività religiose.
Il nuovo Codice stabilisce inoltre che non si possono diffondere contenuti contrari al Partito comunista o collaborare con forze straniere attraverso il web. È specificato anche che l’uso dell’intelligenza artificiale generativa per finalità religiose deve rispettare la legge e non può essere impiegata per predicazioni o altre attività di culto. In caso di violazione, le autorità possono imporre la rettifica entro un termine prestabilito, fino ad arrivare a sanzioni più severe, compresa la chiusura degli account. Le regole valgono anche per il clero di Hong Kong, Macao, Taiwan e per quello straniero che opera online in Cina.
Un ulteriore passo che conferma il controllo sempre più capillare esercitato da Pechino sulla vita religiosa nel Paese.