Da Nicea a oggi, ecumenismo tra memoria e futuro
Si è aperta ieri a Camaldoli la 61a sessione del Sae
È iniziata lunedì 28 luglio, alla Foresteria di Camaldoli, con la preghiera di apertura e il discorso della presidente Erica Sfredda, la 61a sessione di formazione ecumenica «Da Nicea a oggi: ecumenismo tra memoria e futuro» del Segretariato Attività ecumeniche (Sae-Aps). Nella chiesa del Monastero il gruppo interconfessionale di animazione liturgica ha proposto il tema della Via per iniziare un cammino radunati e radunate nel nome del Dio trinitario proclamato a Nicea 1700 anni fa. Nel nome del Padre, Dio delle liberazioni, del Figlio che ha dedicato la vita ai diseredati e alle escluse, dello Spirito che evoca una libertà sempre da rivendicare.
Circa 180 persone di diverse confessioni – avventista, battista, cattolica, metodista, ortodossa, pentecostale, valdese – provenienti da diverse regioni d’Italia, tra cui diversi giovani, hanno cantato e pregato chiedendo di «continuare a essere viandanti, donne e uomini aperti a quella trasformazione incessante che Tu metti sui nostri sentieri come la più gioiosa e inattesa delle tue benedizioni». Ognuno ha ricevuto una catenella da mettere al collo con il simbolo della strada percorsa da piccoli passi.
Ha esordito la presidente: «Tutta la nostra esistenza dovrebbe essere volta ad accordare gli strumenti che abbiamo ricevuto e ad allenarci con costanza per essere poi capaci di lodare il Signore tutti insieme: nelle nostre comunità, all’interno delle nostre chiese, in mezzo a coloro che come noi venerano l’unico Signore, anche se con credi diversi, e nell’intera creazione. Una grande orchestra dove trovano posto tutte le grandi religioni monoteiste, ma anche tutti gli uomini e le donne che cercano il Signore».
Introducendo il programma della sessione, Erica Sfredda ha detto: «Vorremmo ripercorrere e richiamare le grandi domande che i Padri conciliari si sono posti: a partire da quella fondamentale per i cristiani, che è “Chi è Gesù per noi?”. O, come disse Gesù stesso: “E voi, chi dite che io sia?”. Una domanda che ci interpella come chiese, ma anche come singoli che vivono una quotidianità che spesso si allontana dalla fede e che cercano, anche con fatica, di capire quale spazio hanno dato, nelle loro esistenze, a Gesù, l’uomo di Nazareth».
Una sessione sul Concilio di Nicea, ha continuato, non significherà solo parlare dei temi di allora ma anche «parlare della nostra più stringente attualità affrontando alcuni nodi dolorosi o scandalosi della storia delle chiese da affrontare con coraggio e con spirito sereno, con la consapevolezza di essere nelle mani del Signore e sottolineandolo con la preghiera». Le chiese oggi sono interrogate sul tema del rapporto con la politica e sull’annuncio della presenza del Signore in un mondo ampiamente scristianizzato e secolarizzato. La sessione è l’occasione per l’ascolto e il confronto tra voci diverse, cristiane ed ebraiche, sul senso della fede oggi. Farlo nel contesto monastico di Camaldoli, accolti e accolte dalla Comunità attraverso le parole calorose di dom Matteo Ferrari, priore del Monastero e dell’intera congregazione camaldolese, ha significato partire con il piede giusto e il cuore rinfrancato.