Aiuto a morire, primo sì dal Parlamento francese

La legge sul fine vita in Francia inizia il suo iter parlamentare. La contrarietà della Conferenza dei leader religiosi di Francia

 

Trecentocinque deputati contro 199. Con 57 astensioni. In Francia il progetto di legge che crea un “diritto all’assistenza nel morire” è stato approvato la sera di martedì 27 maggio. In precedenza, l’Assemblea nazionale aveva approvato un progetto di legge sulle cure palliative all’unanimità.

Inizialmente, la bozza di norma prevedeva che l’atto di aiuto alla morte dovesse essere compiuto dal paziente stesso o da un assistente volontario se il paziente era fisicamente incapace di farlo; si parlava di “suicidio assistito ad eccezione dell’eutanasia”. Alla fine, tuttavia, la commissione ha deciso che i pazienti avrebbero potuto scegliere se eseguire la procedura da soli o se farla eseguire da un assistente.

 

I progetti di legge sul fine vita, in esame dal 12 maggio, sono stati oggetto di interventi finali da parte dei vari gruppi politici poco prima di essere messi ai voti. I deputati hanno poi votato su ciascuno dei due testi. Nei giorni scorsi erano state organizzate votazioni intermedie sui principali articoli relativi alla morte assistita. Quasi due terzi degli eletti, soprattutto di sinistra e di centro, hanno votato a favore della loro adozione. A destra e all’estrema destra, il disegno di legge sull’assistenza al morire è stato fortemente criticato.

 

Queste tendenze generali nascondono divisioni all’interno dei gruppi politici stessi. Tanto che, insolitamente, non sono state fornite istruzioni di voto ai parlamentari. Ogni deputato eletto era quindi libero di votare o astenersi senza rischiare di essere rimproverato dal proprio schieramento. Su X, Emmanuel Macron ha accolto con favore l’adozione del testo sull’aiuto alla morte. L’ha salutato come «un passo importante, nel rispetto delle sensibilità, dei dubbi e delle speranze delle persone, si apre gradualmente il cammino della fraternità che avevo auspicato. Con dignità e umanità».

 

Il Presidente ha incontrato più volte i rappresentanti delle confessioni religiose per discutere di questa importante riforma sociale. Il 13 maggio, la Conferenza dei leader religiosi di Francia (Crcf) ha nuovamente «messo solennemente in guardia contro i gravi abusi impliciti nella proposta di legge che introduce nella legislazione francese il ‘diritto all’aiuto in caso di morte’». A metà tra filosofia, etica e religione, si sono apertamente opposti alla proposta di legge sulla morte assistita, che è oggetto di dibattito in tutta la società. Ma c’è ancora molta strada da fare prima che il progetto di legge venga definitivamente adottato. Dovrà prima essere esaminata dai senatori, prima di tornare ai deputati e poi alla Camera alta per l’ultima volta.

 

Ecco i punti espressi dai leader religiosi francesi in una lettera resa pubblica nelle scorse settimane:

 

1. Un linguaggio che maschera la realtà

La terminologia scelta – “aiuto in fine di vita” – maschera la vera natura dell’atto: la somministrazione volontaria di un prodotto letale. Questo vocabolario eufemistico, che la stessa Autorità Nazionale della Sanità francese definisce fonte di confusione etica, distorce le parole per sdrammatizzare la gravità morale dell’atto. Descrivere una morte somministrata come “naturale” è una falsità pensata per addormentare le coscienze e indebolire il dibattito pubblico.

 

2. Una rottura con l’essenza dell’assistenza

L’inserimento dell’aiuto al morire nel Codice di sanità pubblica costituisce una deviazione dalla medicina. Si scontra con il giuramento di Ippocrate e con il principio fondamentale della cura, che mira ad alleviare senza uccidere. Molti operatori sanitari esprimono il loro sgomento: essere responsabili di causare la morte di un paziente è una trasgressione radicale della loro missione e rischia di instaurare una cultura della morte laddove la medicina è sempre stata costruita come un servizio di cura della vita.

 

3. Garanzie etiche e procedurali gravemente insufficienti

Il testo attuale consente a un singolo medico di autorizzare un atto letale, senza alcuna procedura collegiale o valutazione psichiatrica. Nei suoi pareri successivi, l’Autorità nazionale francese per la salute ha sottolineato l’assoluta necessità di un discernimento condiviso, multidisciplinare, lungo e supervisionato. Il periodo di indagine di 15 giorni seguito, se necessario, da un periodo di riflessione di sole 48 ore – o anche meno – è contrario a tutti gli standard internazionali. Questa fretta è indegna di una decisione irreversibile e della gravità della questione in gioco.

 

4. Una minaccia diretta per le persone più vulnerabili

L’introduzione di questo “diritto” rischia di esercitare una pressione, tenue ma reale, su anziani, malati e persone con disabilità. La sola esistenza di questa opzione può indurre nei pazienti un senso di colpa tossico, il senso di “essere un peso”. Nei Paesi in cui l’eutanasia è stata legalizzata, il numero di richieste continua ad aumentare e si registra un preoccupante calo degli investimenti nelle cure palliative. Di conseguenza, la promessa di un sostegno dignitoso tende a scomparire dietro un’opzione terminale presentata come una soluzione.

 

5. Un attacco all’equilibrio tra autonomia e solidarietà

La proposta di legge sancisce l’autonomia individuale a scapito dei legami familiari e sociali. Rende assoluta l’autodeterminazione individuale escludendo qualsiasi informazione o consultazione di familiari e amici, dell’équipe sanitaria e di qualsiasi supporto spirituale o psicologico. In questo modo, non tiene conto della dimensione relazionale e interdipendente dell’esistenza umana. Questa scelta solitaria corre un alto rischio di provocare traumi e ferite durature, soprattutto nel caso in cui la morte di una persona cara assistita dal suicidio o dall’eutanasia venga scoperta a posteriori.

 

6. Un appello alla responsabilità politica e umana

Di fronte a questa possibile frattura antropologica, il CRCF chiede ai parlamentari di dare prova di discernimento. Legalizzare la morte non sarebbe un progresso, ma un passo indietro dal punto di vista etico, sociale e medico. Dobbiamo optare per investimenti in cure palliative, formazione all’ascolto e sostegno completo alle persone fino alla fine della loro vita. Questa è la scelta tra umanità e abbandono, tra relazione e solitudine, tra cura e rassegnazione.

 

Il testo è firmato da:

 

Christian Krieger, Président de la Fédération protestante de France

Monseigneur Eric de Moulins-Beaufort, Président de la Conférence des évêques de France

Monseigneur Dimitrios, Président de l’Assemblée des évêques orthodoxe de France

Monsieur Haïm Korsia, Grand rabbin de France

Monsieur Mohammed Moussaoui, Président de l’Union des mosquées de France

Monsieur Antony Boussemart, Président de l’Union bouddhiste de France

Maître Chems-Eddine Hafiz, Recteur de la Grande Mosquée de Paris.