Salendo a Gerusalemme

Una riflessione sulla Domenica delle Palme

 

La Domenica delle Palme è tradizionalmente la celebrazione del momento dell’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme, nella fase conclusiva del suo ministero.
Può essere anche considerata, però, una giornata caratterizzata da alcune domande, a ridosso dei giorni più importanti per la nostra fede cristiana.

Se ci chiedessero dove avremmo voluto essere, in quella domenica, non ci sarebbero dubbi: salendo a Gerusalemme, ci saremmo volentieri accodati alla folla festante che accoglie l’arrivo di Gesù.
Un trionfo che portava con sé una promessa di vittoria, di cui avremmo fatto parte con convinzione.


Ci saremmo emozionati nel partecipare all’elogio pubblico, sicuri di stare dalla parte del vincitore, di colui che, venendo nel nome del Signore, annunciava un futuro migliore, di essere un re diverso ed esercitare il potere in modo nuovo.

Certo, forse non avremmo capito benissimo di quale nuovo potere si trattasse, ma volentieri avremmo posato i nostri mantelli sulla sua via, sventolato i nostri rami di palma per salutare la sua salita, eccitati all’idea di partecipare a questa rivoluzione che avveniva sotto i nostri occhi.
La storia umana ci ricorda quanto sia affascinante la tentazione di partecipare alla parata della vittoria, di uniformarsi alla massa per poterci abbeverare alla fonte del potere: l’attualità ci mostra brutalmente con quale facilità questa dinamica penetri nel dibattito pubblico.

 

Probabilmente avremmo proiettato questa comprensione su Gesù stesso: finalmente anche lui si convince che l’unico modo per sradicare i poteri ingiusti di questo mondo non è fatto di predicazioni e belle parole, ma di azioni concrete, eclatanti, che minano la stabilità del potere da rovesciare, col supporto del popolo. Anche Gesù, avremmo pensato, cede al fascino del potere, si adatta alle sue modalità: sale trionfalmente a Gerusalemme e chi sale insieme a lui, sarà partecipe della vittoria, beneficerà almeno di una briciola di potere. Appena qualche giorno dopo, però, le cose cambiano: colui che sembrava trionfare secondo la logica del mondo, che era ritenuto vincitore in quanto celebrato platealmente nella salita verso la città da conquistare, sarà arrestato e mostrato come sconfitto.

 

Avremmo dunque scoperto di aver frainteso Gesù e soprattutto è probabile che ci saremmo, a quel punto, trovati a far parte di un’altra folla, quella giustizialista che invoca la sua condanna. Avremmo cambiato immediatamente casacca, posizionandoci ancora col potere, cercando di trarne un vantaggio personale. Avremmo rapidamente abbandonato quell’apparente vincitore, per tornare con disinvoltura tra i ranghi del potere ingiusto.

Un’altra domanda, però, ci avrebbe a quel punto tormentato: quella di un vecchio spiritual afroamericano che canta “Were you there when they crucified my Lord?”. Eravate lì mentre il Signore veniva crocifisso?
Questa è la domanda scomoda che gli eventi messi in moto dalla Domenica delle Palme ci impongono, perché imbarazzati non vorremmo rispondere.

 

Nella seconda salita di quella settimana, quella definitiva verso il Golgota, Gesù sarà infatti solo. Partecipi convinti di quella che credevamo la sua salita verso il potere, lo avremmo abbandonato nella salita verso la morte.
Questo è il frutto amaro del fraintendimento che abbiamo proiettato anche su Gesù.

Il vero potere di Gesù, la sua regalità, la vera capacità di sovvertimento si mostrano infatti salendo verso il Golgota con il peso della croce sulle spalle e non con le palme sventolate alla porta della città.
Gesù sale a Gerusalemme per offrire tutto sé stesso, per essere abbandonato e scacciato dal mondo, in un modo incomprensibile, perché fuori dai nostri schemi mentali.

 

Questa è però la condizione per partecipare alla vera festa, che è quella del sepolcro vuoto: siamo chiamati a rispondere alla vocazione scomoda dello spiritual e a salire sul Golgota con Gesù.
Il potere ingiusto, il frutto del peccato, infatti, cederà il passo solo davanti a chi avrà il coraggio di non adeguarsi ai suoi schemi, ma, a romperli, rimanendo con Gesù ai piedi della sua croce, fino alla fine.

 

 

Da www.chiesavaldese.org