«Sprigioniamo umanità»

Una giornata organizzata dal Collettivo Informacarcere del Centro sociale evangelico di Firenze, dedicata alle scritture dal carcere e alle molte prigioni che ingabbiano anche chi è “fuori”

 

«Quel che ci interessa – mi dice Paolo Martinino, del Collettivo informacarcere del Centro sociale evangelico di Firenze (con cui avevamo già parlato qui) – è il contatto con l’umanità delle persone in carcere, al di là del reato; tirarla fuori in modo che possa raggiungere quelle all’esterno, funzionando un po’ come uno specchio, per riflettere anche sulle loro prigionie…». E aggiunge: «Forse la prigionia è la nostra condizione esistenziale…». Non è un caso quindi che il convegno-spettacolo organizzato per il prossimo 12 aprile, dalle 9,30 alle 18 al teatro LAffratellamento di via Orsini 73 s’intitoli Sprigioniamo umanità «Proprio così: nel doppio senso di togliere dalla prigione, ma anche di diffondere la propria umanità come se fosse un’essenza, un colore… trasmette questa idea anche l’immagine della locandina, un omino in bicicletta, nato schizzando colore su un foglio in una nostra performance multimediale».

 

Una giornata molto densa, con presentazioni di libri, musica e teatro, ma anche riflessioni sulle condizioni in carcere, che, spiega Martinino, è un po’ «il culmine del lavoro avviato anni fa dal Centro, per portare la scrittura in carcere come elemento di riflessione, lavoro di consapevolezza su di sé e allo stesso tempo dare la possibilità di testimoniare all’esterno la realtà del carcere, di cui si parla, ma senza conoscerla davvero».

Negli anni queste scritture sono state raccolte e pubblicate in sette volumi, «ed è stato fatto un grosso lavoro di diffusione all’esterno, con gruppi e associazioni che li hanno letti, facendoli decantare e poi risuonare dentro di sé, per generare qualcos’altro, in altri linguaggi espressivi», come emergerà proprio dal convegno.

 

Un momento aperto a tutti, soprattutto coloro che non conoscono questo mondo: «La mattina sarà dedicata soprattutto alla scuola, con esperienze nate a partire dai nostri libri, di racconto dei temi della prigionia, della libertà, nelle elementari e medie, e l’esperienza di un medico che ha scritto una favola sul carcere. Nel pomeriggio, si racconteranno esperienze di scrittura, a Prato (il laboratorio che ho seguito io), Piacenza, nella comunità di accoglienza per carcerati a Montefiore (Rimini), inframmezzate da performance di teatro-canzone, poesie di poeti di Firenze che, sempre ispirandosi ai nostri libri, hanno scritto bellissime poesie, in cui sembra davvero che abbiano vissuto l’esperienza del carcere… e ancora, si incontreranno per la prima volta Anna Maria Repichini di Roma, una delle nostre autrici, e una giovane cantante jazz che ha scritto un brano sulla sua storia».

 

La mattina il convegno sarà introdotto dal pastore della chiesa valdese Francesco Marfè e ci sarà anche la presenza dell’imam di Firenze, Izzedin Elzir, con cui Martinino dialogherà, da un punto di vista più culturale che religioso, «per commentare alcuni scritti del laboratorio, in quanto gli autori sono quasi tutti di area magrebina, musulmani, e mi faceva piacere avere un suo punto di vista su questi racconti, che non parlano solo della loro condizione, ma di sé, esprimono ricordi, dettagli della loro infanzia, che restituiscono un’umanità che nel presente del carcere non è visibile».

L’aspetto, se vogliamo, più “religioso” della giornata, continua Paolo, è «nel senso che rimanda ad “altro”, mette al centro l’umanità, l’unica porta per accedere ad altre dimensioni, raggiungere un’ulteriorità. Per questo ci interessa così tanto. In particolare l’umanità che emerge dal carcere, vulnerabile, inadatta, deviante, che ha commesso degli errori e cerca di capire come risolvere una serie di problemi… ma a noi interessa, soprattutto in questo momento storico, di angoscia esistenziale, valorizzare proprio quell’umanità fragile, e ribadire l’idea che l’Umanità stessa è fragile…».

 

E torniamo al tema iniziale, con un progetto per il futuro: «Vorremmo riuscire a far raccontare le tante prigioni “esterne”, allargando quest’idea di “sprigionare umanità”. Le prigioni oggi non sono solo quelle del carcere, ma quelle invisibili, eppure diffuse: siamo costantemente richiamati a un discorso di performance di sé stessi, sui social, a livello lavorativo, relazionale, è difficile poter esprimere ciò che non va (o è percepito come tale) nella propria vita. Non esistono spazi in cui raccontare le proprie incapacità, inadeguatezze, fragilità quotidiane, che in qualche modo tengono imprigionati. Quindi ci piacerebbe creare dei contesti in cui le persone possano parlare liberamente di questo, potrebbe nascerne qualche nuova pubblicazione…

Qui di seguito l’audio intervista con Paolo Martinino, del Collettivo Informacarcere