
Milano. Anabattismo tra radici e ali
Un incontro alla chiesa battista di via Pinamonte per ricordare 500 anni dalla nascita del movimento
Giornata speciale nella chiesa battista di via Pinamonte a Milano, domenica 9 marzo, a cura del Dipartimento di Teologia e della Commissione storica dell’Ucebi (Unione cristiana evangelica battista d’Italia), rivolta alla formazione delle chiese della Lombardia, del Piemonte e del Nord-Est, in occasione dell’anniversario dei 500 anni dalla nascita del movimento anabattista.
Sorelle e fratelli di altre regioni si sono uniti ai battisti milanesi per celebrare insieme il culto, stare in comunione all’agape e curare i bambini con un intervento di animazione particolare di Deborah D’Auria.
Nel pomeriggio, bellissimo incontro con il professor Massimo Rubboli e il pastore Raffaele Volpe, segretario del Dipartimento di Teologia.
Tanti i contenuti condivisi che qui accennerò soltanto. In premessa è stato sottolineato che il termine “battista” include tutti coloro che si riconoscono nella visione battista, siano essi anabattisti o battisti. Anabattismo è un movimento laico, che nasce da persone del popolo e colte, che reclamano la loro libertà religiosa senza timore di fronte al potere. Saranno martiri, perseguitati dal potere costituito e dagli stessi riformati, i protestanti di Zurigo in particolare.
Una rivoluzione accade in Europa 500 anni fa: un libro rivoluzionario è finito nelle mani delle persone: la Bibbia. Le persone lessero insieme questo libro, e questo cambiò la loro vita, come può cambiare oggi la nostra.
Il pastore Volpe ci ha letteralmente portati là, nella casa di Anna Felix dove il 21 gennaio 1525 avviene il primo battesimo di adulti, volontario e drammaticamente consapevole delle conseguenze. In seguito, ci ha trasportati nel presente: il battismo vive oggi, in noi, e le persone morte sul rogo o annegate, sono i giganti che ci portano sulle loro spalle e ci permettono di vedere lontano.
La nostra storia, come ha detto il professor Massimo Rubboli, citando il segretario della Conferenza mennonita, «è un’occasione per fermarci a riflettere, ricordare da dove veniamo, considerare chi siamo oggi e prevedere dove Dio ci chiama a essere».
Il Signore cosa vuole da noi, oggi? Che cosa ci chiede? Si crea una “tensione comunitaria” davanti a questa domanda, che fa comprendere da dove gli anabattisti trovavano la forza per affrontare serenamente il martirio.
Solo da questo incontro tra libro, comunità e intervento di Dio, si comprende non il libro ma qual è la volontà di Dio, e nasce una forte consapevolezza della propria libertà di coscienza.
Altro aspetto evidenziato è stato quello del discepolato. Gli anabattisti condividevano con gli altri riformatori il concetto della salvezza per grazia, ma per loro questa si unisce in modo inseparabile con il seguire Gesù Cristo. La grazia trasforma radicalmente la persona nella vita quotidiana.
Il movimento anabattista interpreta grazia, fede, lettura del testo biblico, esperienza della liberazione, come qualcosa di concreto che riguarda la propria vita.
Poi vi è la comunità: il movimento non aveva leader, la comunità è il centro essenziale; è lì che si legge la Bibbia, è lì che si mette in atto una strategia per confrontarsi con il mondo.
Ultimo contributo in questa bozza di “teologia anabattista” è la missione. Stupisce come subito questo movimento diventi missionario.
La cifra di questo movimento è il gioco, l’intersecarsi di questi diversi elementi.
Qual è infine il contributo che possiamo dare? Prendere in mano la Bibbia, ripensare la libertà e dignità di coscienza, riscoprire il discepolato, fare comunità e fare missione.