L’antigiudaismo che ci interroga

Un incontro torinese a cura dell’Amicizia ebraico-cristiana

 

«Decostruire l’antigiudaismo cristiano» è il titolo dell’incontro che si è tenuto giovedì 27 febbraio nel Salone della chiesa valdese di Torino (c.so Vittorio Emanuele II, 23), ed è soprattutto il titolo della pubblicazione del volume omonimo uscito nel 2023 per Castelvecchi che custodisce il prezioso lavoro della Conferenza episcopale di Francia. Una traduzione italiana che, «in modo chiaro e facilmente leggibile offre una serie di riflessioni sul tema “dell’antigiudaismo”». Un «manuale – scrive il presidente della Conferenza episcopale di Francia nella premessa – essenziale» affinché «i cristiani cessino definitivamente di rappresentare l’ebreo secondo cliché che sono stati fissati da un’aggressività secolare».

 

Sono venti i capitoli che riassumono i «luoghi comuni» che «nel corso della storia hanno abbondantemente nutrito l’antigiudaismo». L’ha ricordato il moderatore e presidente dell’Amicizia ebraico-cristiana – Aec, Marco Rolando, invitando al saluto d’apertura il pastore valdese di Torino, Francesco Sciotto. «Un “antigiudaismo” – ha detto Sciotto – che lacera e interroga. Molti testi cristiani del passato hanno contribuito a diffondere la prospettiva “antigiudaica”. Come cristiani e come chiesa evangelica di minoranza, che ha subito lo stigma sfociato nelle persecuzioni, confessiamo oggi la nostra responsabilità per aver pesato sulla storia, attraverso il pregiudizio».

 

L’opera, con l’introduzione di Ambrogio Spreafico, la prefazione di Haïm Korsia, la premessa di Éric de Moulins-Beaufort, e curato da Rafael Starnitzky, stimola l’attenzione: «Per vincere i pregiudizi e contrastare le ideologie nocive – ha ricordato il presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo della Cei e vescovo di Pinerolo, Derio Olivero –. Il testo della Conferenza episcopale di Francia è un atto dovuto, coraggioso. Guardare ai pregiudizi che vivono all’interno delle nostre comunità, non è facile. Non siamo innocenti. Il dialogo interreligioso ci esorta a non essere “nicchia istituzionale”, bensì megafono per tutti. Il volume testimonia questa speranza».

 

Rav Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano e presidente dell’Assemblea rabbinica italiana, ha chiosato: «Pochi sanno che il detto: “Ama il tuo prossimo come te stesso” è contenuto nel Levitico». Ossia, nella Bibbia che Gesù leggeva. «È altresì importante ricordare che mostrare un errore è un atto di amore. Giustizia e misericordia, sono elementi della Creazione divina. L’ebraismo pone l’accento sul giudizio, sulla giustizia e sulla punizione» ed è «presente una giustizia che punisce per amor di giustizia. È dunque necessario accettare questa diversità tra il cristianesimo e l’ebraismo». Soffermandosi poi sull’importanza del linguaggio, Arbib ha proseguito: «Nel mondo cattolico, a esempio, si parla di “Terra Santa” e non di Israele. Il pregiudizio – ha concluso Arbib –, si nasconde anche nella scelta delle parole».

 

Si è poi aperta la discussione sul significato di antigiudaismo e antisemitismo: «Ha senso distinguere i termini – ha detto il pastore Daniele Garrone, docente di Antico Testamento presso la Facoltà valdese di teologia e presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia –, a patto che non se ne faccia un uso apologetico. Il discorso cristiano – predicazione, catechesi, teologia – si è espresso sugli ebrei dell’Antico Testamento, su quelli contemporanei di Gesù, su quelli che vivevano in mezzo alla cristianità in espansione e poi dominante, arrivando qui a stabilire le condizioni di esistenza degli ebrei. Il risultato fu una costruzione identitaria che riduceva gli ebrei a “controfigura” negativa del cristianesimo. Come appare nell’iconografie di due donne, sinagoga e chiesa, su varie cattedrali gotiche. Questa visione ideologica divenne parte del bagaglio culturale e immaginifico del “cristiano qualunque”. Decostruire quest’antigiudaismo significa sostituirne tutti gli elementi polemici, caricaturali e denigratori, sulla base di una rilettura critica della storia cristiana».

 

Claudia Milani, docente di Introduzione all’ebraismo alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, ha infine ricordato: «Non era affatto scontato il successo di questo dibattito. La scelta di “decostruire l’anti giudaismo cristiano” è oggi dirimente. Quest’anno la chiesa cattolica festeggia i Sessant’anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II che con la Nostra Aetate ha cercato di ricucire – seppur con delle lacune – i rapporti difficili causati dai secoli precedenti. La Nostra Aetate, non cita Israele e non cita tante altre definizioni che sarebbe stato giusto inserire nella dichiarazione; è altresì vero che quel documento gettò le basi per giungere una nuova consapevolezza, nel percorso del dialogo cristiano-ebraico».