Siamo tutti/e groenlandesi

«Non dovremmo escludere le poche migliaia di groenlandesi dai nostri interessi, dalla nostra cultura, dai nostri cuori, proprio come fatto dal pastore Paolo Ricca»

 

A proposito di grandi e di piccoli numeri, con ammirazione e non senza tenerezza lessi un passo del saggio del compianto pastore, teologo e storico del cristianesimo Paolo Ricca, già docente alla Facoltà valdese di Teologia, all’interno di un volume curato da Giovanni Filoramo e Daniele Menozzi: «… Il secondo documento importante è l’‘Accordo di Porvoo’ del 1992 e riguarda le chiese anglicane di Gran Bretagna e d’Irlanda da un lato, e le chiese luterane dell’Europa del Nord (Scandinavia, Islanda, Groenlandia) e dell’Est (Estonia, Lettonia, Lituania): sono tutte chiese a costituzione episcopale». La mia ammirazione veniva dal fatto che l’autore non trascurava neppure le poche migliaia di groenlandesi.

 

Vero ponte naturale tra Europa e Nord-America, l’isola ha una storia peculiare. Non è escluso che, proprio tramite di essa, “gli uomini del Nord” siano venuti in contatto con le Americhe molto prima di Cristoforo Colombo e di Amerigo Vespucci, pur non lasciando tracce appariscenti. E in essa convivono i “nativi” e i discendenti dei coloni scandinavi. Si parla molto delle straordinarie risorse naturali – dagli elementi rari al gas – delle quali è ricchissima e che potrebbero esser sempre meglio sfruttate anche in rapporto all’innalzamento della temperatura media e al conseguente scioglimento dei ghiacci. Ma, accanto al fattore economico, sottolineerei proprio un cambio di paradigma a cui siamo chiamati: proprio nell’era del villaggio globale non sono solo i grandi numeri, le “folle”, le cifre con tanti zeri a incidere. Anche un’impresa con un solo dipendente può esser globale, come spiegava il grande Piero Angela, mentre un’azienda con centinaia o migliaia di dipendenti può restare confinata a un ambito provinciale o nazionale.  

 

E, dunque, non dovremmo escludere le poche migliaia di groenlandesi dai nostri interessi, dalla nostra cultura, dai nostri cuori. Proprio come il genio di Giacomo Leopardi riuscì a porre al centro dell’attenzione di tutti e di tutte “un islandese” in dialogo con “la natura”.

 

 Se davvero teniamo al pianeta verde e azzurro che abbiamo ereditato, se prioritari sono per noi il riconoscimento e la salvaguardia delle diversità biologiche, linguistiche, ecologiche, culturali e politiche, dovremmo provare a includere i groenlandesi nelle nostre vite, nella nostra quotidianità. Senza relegarli a qualche documentario sulle “curiosità” o al ruolo di comparse (decenni addietro la Groenlandia fece ad esempio irruzione nella soap opera “Beautiful”). E, fraternamente, dovremmo sentirci tutte e tutti groenlandesi e dire no ai propositi di predazione e di violenza del presidente eletto Donald Trump. Tentativi da respingere con veemenza, e che pure hanno avuto il merito, a modo loro, di richiamare l’attenzione su mondi lontani, su realtà estreme, rispetto alle quali non dovremmo più porci come estranei. Apprendendo dalla lezione del compianto pastore Paolo Ricca.