Il Natale come pratica di fede 

Dio ha scelto di spiegare il proprio amore per noi facendosi amore puro, vivendo una vita umana, riuscendo a dirci ciò che sembra non potersi dire. A noi il compito di amare invece di ferire e di consolare invece di accusare

 

Come spiegare la perfetta armonia di un’orchestra sinfonica o il fragore di un temporale estivo a una persona affetta dalla sordità sin dalla nascita? Come spiegare le sfumature timide della luce dell’alba o il rosso sciantoso di un tramonto estivo a chi è non-vedente dalla nascita? Come spiegare un amore assoluto, incondizionato e stravagante a chi ha chiuso il cuore per gravi delusioni o ha deciso a priori di non aprirlo mai, per timore di soffrire e di non essere corrisposto? Come spiegare il significato sobrio del Natale, con le sue promesse di speranza e liberazione, di gioia e di pace, a chi sta vivendo l’orrore della distruzione e della guerra nel nome del Dio di Israele, o a chi ancora subisce le conseguenze devastanti dell’imperialismo occidentale nel nome del Dio Cristiano, o a chi sbarca nei nostri paesi luccicanti di decorazioni natalizie, per scoprire che la gioia e l’abbondanza sono riservate solo a chi è munito del giusto passaporto?

 

Spiegare fenomeni complessi, realtà misteriose e avvenimenti improbabili, come l’incarnazione, non è facile. Perché ci si scontra con il limite del linguaggio, con l’apparato logico-pragmatico dell’era contemporanea, o ancora più tragicamente, con l’indifferenza disillusa di chi associa il Natale all’ennesima, annuale, ipocrita farsa religiosa. È possibile che Dio stesso si sia imbattuto in queste difficoltà, quando ha “cercato di spiegare” i suoi propositi e i suoi desideri per il creato e le sue creature, attraverso la voce dei profeti, le rivelazioni, gli inviti e i rimproveri. E forse per questo stesso motivo, a un certo punto della storia, ha deciso di spiegarsi non più con le parole, ma con l’atto radicale dell’incarnazione, che traduce la teoria (il logos) in pratica (la carne), il dogma e la legge in esperienza di vita condivisa fra umanità e Dio, nella persona di Gesù di Nazareth. 

 

Con determinazione e saggezza divine, Dio sceglie di spiegare il suo amore facendosi amore puro, vivendo una vita umana, infilandosi in tutti gli spazi relazionali, sociali, politici e spirituali del suo tempo, prendendo su di sé tutto il carico peccaminoso della natura umana per trasformarlo in natura libera, nuova, riconciliata, e redenta. In un tempo, in un luogo e in una umanità traumatizzata dalla violenza e dall’oppressione, quella storica del Primo Avvento, e quella di ogni tempo, incluso il nostro presente, il “come” eccelso di Dio si esprime nell’atto pratico ed esperienziale della nascita di una creatura umana, che è dimostrazione concreta di come tradurre la promessa in adempimento, la possibilità in realtà.

La strategia divina si fa per noi, credenti di ogni tempo, un modello concreto per comunicare l’incomunicabile, un modo efficace per tradurre il concetto in esperienza, invitandoci a incarnare l’essenza del Natale, piuttosto che cercare di spiegarlo. Ed è qui che il come può fare la differenza, nella nostra vita e nella vita del nostro prossimo. 

 

Come trasformare il Natale in una pratica di fede, capace di comunicare la presenza divina, Emmanuel, nell’esperienza di vita quotidiana, in ogni azione, reazione, e relazione? 

Come contagiare il mondo con la convinzione che l’amore di Dio per ciascuno e ciascuna di noi è così radicale, abbondante, e inclusivo che non abbiamo bisogno di contenderci il primato di supremazia umana? Come incarnare la certezza che in Cristo siamo effettivamente parte di una nuova creazione, ovvero creature umanamente capaci di scegliere l’amore invece che l’odio, il perdono invece che la vendetta, la compassione invece che la violenza, la pace invece che la guerra, come Dio ha fatto con noi? 

 

Le possibilità per praticare il messaggio del Natale sono infinite, ma forse il modo più coerente e urgente in questo tempo è di infilarci negli spazi dis-umanizzati e dis-umanizzanti della vita contemporanea, per portare una presenza umana e umanizzante, la nostra, che imbevuta della presenza del Cristo, potrebbe fare la differenza. Seguendo l’esempio di Dio, che nella forma umana di Gesù cerca di insegnarci come essere pienamente e dignitosamente umani, potremmo anche noi cominciare a praticare un altro tipo di umanità, quella che sceglie di amare invece di ferire, di consolare invece di accusare, di includere invece di giudicare. Nella pratica di una relazionalità giusta, generosa, compassionevole e umanizzante, animata dalla presenza del Cristo che vive in noi, sarà possibile comunicare il significato del Natale, by-passando il limite del linguaggio, rivelandone in pratica la sua vera magia.