Mandati d’arresto

La Corte penale internazionale ha emesso tre mandati d’arresto per crimini di guerra e crimini contro l’umanità nei confronti di Netanyahu, Gallant e Ibrahim al-Masri, il commento di Amnesty International

 

Una notizia oggi emerge tra le notizie legate all’insensatezza della guerra e con l’escalation senza fine e alla sempre più vicina minaccia di un possibile utilizzo di armi nucleari (Russia-Ucraina) scandita da concrete morti di donne e uomini, bambine e bambini: la Corte penale internazionale ha emesso tre mandati d’arresto per crimini di guerra e crimini contro l’umanità nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, dell’ex ministro della difesa israeliano Yoav Gallant e, in assenza di conferme sulla sua asserita morte, del comandante delle brigate al-Qassam Mohammed Diab Ibrahim al-Masri, noto come Deif.

 

Anche Amnesty International ha commentato la notizia giunta dalla Corte internazionale diramando il commento di Agnés Callamard, segretaria generale di Amnesty International: «La giustizia internazionale si è messa finalmente al passo rispetto a coloro che sono sospettati di crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi in Palestina e in Israele. I mandati d’arresto di oggi rappresentano un momento storico per la giustizia e devono essere il segnale dell’inizio della fine della persistente e diffusa impunità che è al centro della crisi dei diritti umani in Israele e nel Territorio palestinese occupato».

 

Emettendo questi mandati d’arresto, «la Corte penale internazionale reca finalmente una speranza concreta di giustizia alle vittime di crimini di diritto internazionale e ripristina un po’ di fiducia nei valori universali degli strumenti legali internazionali e della giustizia internazionale. Sollecitiamo ora tutti gli stati parte della Corte penale internazionale e anche gli altri, come gli Usa e ulteriori alleati di Israele, a mostrare rispetto per la decisione della Corte e per i principi universali del diritto internazionale arrestando e consegnando alla stessa Corte le persone ricercate».