Ripartire dall’educazione sentimentale
Il pianeta degli uomini che odiano le donne nel lavoro della vincitrice del Premio “ Morrione” 2024. Una realtà sommersa, dove vive il risentimento per ogni affermazione femminile
Su internet c’è una comunità che odia le donne. Una comunità chiusa, che inneggia a Elliot Rodger e George Sodini, autori delle stragi di Isla Vista e Collier Township negli Stati Uniti. Sui forum hanno le foto profilo di Angelo Izzo, uno degli autori del massacro del Circeo, e di Filippo Turetta. Hanno un modo di parlare tutto loro, all’interno del quale gli uomini possono essere beta, alfa o sigma, mentre le donne sono np, non persone.
È l’universo incel, l’universo dei celibi involontari, che da diversi anni ormai ha preso piede anche in Italia, attraverso i gruppi Telegram e i forum. È una comunità che fa parte di un sottoinsieme più grande di gruppi di uomini, la manosphere o maschio sfera, che si riunisce su internet e spera in un ritorno di un mitico passato all’interno del quale le donne sono chiuse in casa, non hanno un lavoro e badano alla famiglia. È un mondo in cui le donne non possono scegliere sul proprio corpo perché sono proprietà di un uomo, che sia il padre o il marito. Per otto mesi, durante il mio viaggio nella galassia dei celibi involontari li ho osservati. Grazie alla mia copertura ho potuto sentire dei discorsi che immaginavo, ma a cui non avrei mai avuto accesso. Ho avuto il coraggio di entrare nella tana del Bianconiglio e ho visto che l’odio per le donne diventa uno strumento per manifestare il proprio malcontento e per trovare un colpevole. La colpa sarà sicuramente di una donna che non accetta delle avance o di una donna che si permette di vivere liberamente la propria vita. O che banalmente ha piercing e tatuaggi.
Ho osservato un sistema di valori che rivela un profondo malessere e posizioni sempre più vicine a quelle dei suprematisti bianchi e all’alt-right. Dalla volontà di allungarsi gli arti, a volersi spaccare la mascella perché non abbastanza possente, fino alla teoria della pillola rossa e all’avversione viscerale nei confronti delle donne, colpevoli di impedire agli uomini di essere felici. La galassia online raccontata in Oltre è sempre più reale perché l’odio e la violenza sono usciti dalla rete e sono arrivati nella vita offline. Eppure, ancora non sappiamo riconoscerne i segnali. Nonostante ormai siano ovunque, non riusciamo a concepire una soluzione.
Perché trovare una soluzione implica fare un’analisi profonda della società in cui viviamo e correggere dei meccanismi così ben introiettati, che quando se ne parla vengono derubricati come “semplice misoginia”. La misoginia però non è mai semplice. La misoginia è palese e al contempo è subdola, si annida nei pensieri anche degli insospettabili. Non è necessario diventare Paul Julius Möbius, che in un saggio dei primi del Novecento teorizzò l’inferiorità mentale della donna, sostenendo che non ci fosse ombra di dubbio, perché la donna è fisiologicamente deficiente. Basta pensare alle battute da spogliatoio o a tutte le volte che abbiamo ritenuto qualcuno meno adatto a un ruolo apicale perché in apparenza meno esperta. La verità è che era solo una donna.
È alle viste il 25 novembre, è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Allora oggi oltre a ricordare quante donne sono morte a causa della violenza e della misoginia, iniziamo a pensare a dei modi perché non ci siano altri nomi da aggiungere a una lista sempre più numerosa. Impegniamoci affinché non ci siano altre Giulia Cecchettin, Aurora Tila o Maria Campai. Ripartiamo dall’educazione sessuale e affettiva, proviamo a capire davvero cosa non va in questo sistema, che schiaccia chiunque non si conformi e che non accetta le donne libere. Un sistema che ci vuole tutti schiavi di schemi antichi e patriarcali.
Beatrice Petrella è giornalista e podcaster, vincitrice della XIII edizione del Premio Morrione