La complessità di ciò che accade intorno a Gaza

Il sofferto ma equilibrato libro di Gad Lerner, utile per approfondire il tema

 

Il libro di Gad Lerner*, giunto alla quinta ristampa a testimonianza dell’interesse suscitato, si situa in un florilegio di opere su questo tema, tra cui Il suicidio di Israele di Anna Foa. Tornando a Gaza, Lerner gli ha attribuito un sottotitolo quanto mai significativo: «Amore e odio per Israele» ed è questo miscuglio di sentimenti opposti il filo conduttore della sua trattazione.

 

Anche se nato in Libano, il Paese oggi sotto attacco da parte dell’esercito israeliano, le sue radici familiari e culturali sono irrevocabilmente nello stato ebraico. L’attaccamento alla sua terra di elezione, alla parte migliore della società democratica oggi sotto scacco dei coloni estremisti, dei sionisti messianici, della destra nazionalista, dei militari nutriti di odio razzista pur messo a dura prova non riesce ad alienarlo, sia pure nel vivo di una cocente disillusione, dalla sua gente, vittima e carnefice allo stesso tempo nella storia del proprio destino.

 

Sfogliando i titoli dei 10 capitoli di cui consta il libro ci imbattiamo in quello, alquanto curioso, dell’ultimo capitolo, «L’ebreo buono», che ironicamente Lerner attribuisce a sé stesso. Accade che nel polarizzarsi del dibattito chi, in particolare tra gli ebrei della diaspora, osa criticare il governo di Netanyahu per le stragi orrende perpetrate dal suo esercito nella Striscia di Gaza incorre nell’accusa di antisemitismo, cioè paradossalmente di “odiatore di sé stesso” e rinnegatore del suo popolo. Un’accusa infamante che allunga la sua ombra su persone e gruppi che non si allineano con l’attuale politica del governo d’Israele. Ma l’ebreo “buono” Lerner non si limita a stigmatizzare quella che non è più da tempo la sua visione politica incardinata sui valori della riconciliazione, del rispetto dell’altrui cultura, della convivenza politica ma ci aiuta a ripercorrere il passato della vicenda israelo-palestinese con un’onesta ricostruzione di eventi storici cruciali (guerre, annessioni, espansionismo coloniale) in cui torti e ragioni sono ripartititi dagli analisti tra i contendenti ma spesso in forma estremamente squilibrata a danno dei palestinesi.

 

Dopo aver aperto la sua argomentazione con l’efferato massacro del 7 ottobre che per alcuni studiosi costituisce la necessaria premessa agli eventi successivi, Lerner ne decostruisce la fondatezza e nei capitoli «Hamas, il nemico perfetto» e «I palestinesi se la sono cercata», titolo questo evidentemente sarcastico, dimostra con ampiezza di documentazione che l’origine dell’attuale conflitto è ben più remota, risalendo in primis all’iniqua distribuzione del territorio con la nascita dello Stato d’Israele nel 1948 ma poi in maggior misura all’occupazione di Gaza e della Cisgiordania seguita alla guerra vittoriosa dei “Sei giorni” a dispetto delle risoluzioni quasi unanimi, cioè con l’eccezione degli Stati Uniti, delle Nazioni Unite. Ad allora data l’inizio di una colonizzazione sistematica della West Bank, anche questa più volte condannata dall’Onu, che ha visto decine di migliaia di agricoltori palestinesi espulsi con la violenza e rimpiazzati da altrettanti insediamenti israeliani con la complicità attiva dell’esercito. A questa somma crescente di vessazioni, soperchierie e perfino omicidi si deve principalmente l’accumulo di insofferenza e odio esploso nella strage indiscriminata del 7 ottobre. Il nazionalismo più acceso incarnato dall’attuale gabinetto di Netanyahu si manifesta esemplarmente con il sospetto e la colpevolizzazione degli ebrei residenti all’estero, rei di non supportarlo anzi di criticarlo spesso aspramente.

 

Lerner, pensando ovviamente anche a sé stesso, ne analizza nel capitolo «Eliminiamo la diaspora» i rapporti nutriti di incomprensione e conflittuali con la “madrepatria”: mi pare uno dei temi di maggiore interesse di questo libro, assieme alla postura delle forze politiche, non solo italiane, nei confronti dell’attuale politica di Israele. Si delinea sempre più la tendenza delle destre a schierarsi dalla parte di Tel Aviv, quasi per una curiosa nemesi storica: gli antichi persecutori del popolo ebraico, eredi del nazifascismo e simpatizzanti delle dittature e i sovranisti a ogni latitudine, difendono le azioni criminali (così le ha definite la Corte di Giustizia europea) e palesemente razziste di Netanyahu e del suo apparato politico-militare mentre tocca alla sinistra rivendicare i diritti dei palestinesi conculcati dallo Stato ebraico. È’ quanto si legge, insaporito da un’arguzia polemica, nel capitolo «La destra si è fatta sionista». In conclusione, ritengo che Gaza di Gad Lerner contribuisce con spirito non partigiano, ma al contrario attento a tutte le voci in gioco, a un dibattito che da un lato renda giustizia al trauma per la comunità israeliana del 7 ottobre 2023 e all’angoscia per la sorte degli ostaggi, e dall’altro all’aspirazione dei palestinesi all’indipendenza dal giogo israeliano e a uno stato nazionale. Se ciò non accadrà in tempi rapidi, afferma Lerner, la spirale di odio, guerra e ritorsioni finirà col far precipitare, nella complice indifferenza delle grandi potenze, l’intera regione mediorientale in una condizione distruttiva senza ritorno.

 

 

* G. Lerner, Gaza. Odio e amore per Israele. Milano, Feltrinelli, 2024, pp. 256, euro 18,00.