Il “no” di un popolo adulto
“Aborto volontario e obiezione di coscienza”: il dibattito nelle chiese valdesi
È in distribuzione in tutto il territorio del pinerolese nell’area sud della provincia di Torino (lo trovate in centinaia di luoghi pubblici, dalle biblioteche ai negozi) il numero di novembre del mensile free press L’Eco delle valli valdesi che potete leggere integralmente anche dal nostro sito, dalla home page di di www.riforma.it. Il dossier di questo mese si intitola “Aborto volontario e obiezione di coscienza”. Buona lettura
Nel rispondere a una lettera alla redazione, il pastore Franco Giampiccoli, direttore dell’Eco delle valli valdesi/La luce, ribadiva un concetto cardine nella vita delle chiese evangeliche: sono le assemblee, e non la gerarchia, a decidere. Il Sinodo, ma anche le assemblee locali. Esse danno una valutazione su ogni problema che interpella i e le credenti; poi ognuno e ognuna sono responsabili, in coscienza, delle proprie scelte. Così era stato al momento del referendum che intendeva abolire la legge sul divorzio (1974) e così è stato in occasione dei due referendum sull’aborto, promossi dal Partito radicale e dal Movimento per la vita, 17/18 maggio 1981.
Nelle settimane precedenti ricco fu il dibattito sul giornale. Soprattutto troviamo cronache di incontri pubblici, dibattiti, tanto nell’area del Pinerolese e valli valdesi quanto nel resto d’Italia. Si riscontra una adesione diffusa alla linea tracciata dal documento del Sinodo di tre anni prima, 1978, che sottolinea gli ostacoli posti dalla Chiesa cattolica allo sviluppo di una educazione alla procreazione responsabile, mancanza che è fra le cause del ricorso all’interruzione di gravidanza. La legge precedente alla 194, esclusivamente punitiva, ha costituito una violenza sulla donna. Il testo dunque, pur non dando all’aborto «una giustificazione morale o religiosa in astratto», riconosce la «corresponsabilità» anche delle chiese in una «violenza secolare» a cui la legge 194 cerca di porre argine. Essendo attivi, all’epoca, gli ospedali facenti capo alla Chiesa valdese, l’atto riteneva che non fosse «giustificabile una chiusura dei nostri ospedali all’attuazione della legge».
Tanto per non smarrire il senso della storia, rimarchiamo che altri fatti non da poco erano seguiti dalla redazione in quelle settimane: l’attentato a papa Wojtyla (13 maggio); il procedere dell’inchiesta sulla Loggia P2; F. Mitterrand primo presidente socialista della Francia; un rapporto del Consiglio ecumenico delle Chiese dal “Libano dilaniato”; la sconfitta, in Svizzera, di un referendum sostenuto dalle Chiese e volto a ridurre gli ostacoli a carico dei lavoratori stranieri.
Sul giornale comparvero posizioni largamente per il “no” ai referendum, ma ve ne furono posizioni contrarie alla legge, come avvenne peraltro nel Sinodo 1978 e in assemblee locali: posizioni che vennero debitamente considerate e pubblicate.
Poi il risultato fi inequivocabile come avvenne per il divorzio: in val Pellice 83% di no al referendum del Mov. per la vita e 87,3% a quello del Partito radicale; rispettivamente 81,2% e 89% in val Germanasca 77,3% e 88,9% in val Chisone; 73,8% e 87,4% a Pinerolo.
Nella valutazione successiva, il direttore Giampiccoli titolò: «Il “no” di un popolo adulto» e fece una cronologia delle tappe che segnarono, nella Repubblica, un’evoluzione dei rapporti familiari, sociali, tra i sessi: fra le altre l’abolizione per incostituzionalità dei reati di adulterio e concubinato (1968/69); la legge sul divorzio (1970); l’incostituzionalità dell’art. del Codice penale che puniva la propaganda di qualsiasi metodo anticoncezionale (1971); il referendum sul divorzio (1974); il nuovo diritto di famiglia (1975); infine la legge 194(1978).