L’orizzonte della morte interpella la vita comunitaria e la teologia

Pubblicata dall’editrice Claudiana una serie di interventi di Ermanno Genre sulla spiritualità protestante

 

«Nessuno sa precisamente quando se ne va. Ma io me ne vado domattina alle 6:00. Me ne dovevo andare alle 5:00, ma ho un avvocato in gamba…», dice il protagonista di un celebre film di Woody Allen, Amore e guerra, nel meditare sulla propria assurda condanna a morte. Da queste frasi di tono chiaramente umoristico traspare una problematica profonda, congenere alla vita umana stessa: quella appunto della morte, propria e altrui, come costante presenza incombente e termine inaggirabile della vita.

 

Ai temi della sofferenza, della morte, del lutto, nelle loro implicazioni teologiche e pastorali è dedicato il breve quanto denso libro di Ermanno Genre, professore emerito di Teologia pratica alla Facoltà valdese, dal titolo Salute, malattia e morte. Percorsi di etica e di spiritualità protestante*. Si tratta di una raccolta di interventi tenuti da Genre fra il 2001 e il 2018, in contesti e convegni diversi, perlopiù in ambito ecumenico, che, nel loro sucedersi, illuminano quei temi da angolazioni e secondo approcci differenti, facendone così comprendere la complessità problematica.

 

Costante, soprattutto nei primi saggi del libro, è il dialogo con autori di ambito oltreché teologico anche filosofico (Gadamer, Ricoeur, Jonas, e, sottotraccia, Heidegger), dal quale emergono i nodi centrali del rapporto vita-morte. Riferendosi a un versetto del Salmo 90 («Insegnaci a contare i nostri giorni, affinché acquistiamo un cuore saggio»), Genre prosegue dicendo: «Jonas ricorda che ogni creatura è esposta alla possibilità della morte, cioè al fatto che può morire, ma anche al fatto che prima o poi deve morire» (p. 11), ed è in base a questo che occorre apprendere a vivere e a concepire la vita, la nostra vita. «Come pensarsi come esseri viventi senza pensarsi come mortali? Il lutto è pecisamente questa scuola di apprendimento. Certamente il piacere e la gioia sono anche dei maestri, ma la morte non è una disciplina fra le altre, una verità fra le altre, essa è lʼorizzonte di ogni altra disciplina, e, dunque, il destino stesso del pensiero» (p. 12). Si può sfuggire a questo ‟apprendimentoˮ per unʼintera vita, persino in fase terminale, tanto più oggi, nascondendosi dietro alle possibilità alternative che la tecnica, anche medica, sembra offrire alla dolorosa esperienza dellʼinvecchiamento e della morte. È il rimedio di Prometeo per lʼumanità, nel mito di Eschilo: sottrarre allʼessere umano la visione dellʼora della morte (ecco la profondità nascosta nellʼumorismo di Woody Allen), dandogli invece il fuoco, la ‟luce artificialeˮ della tecnica, che promette vie di fuga dal confronto personale con la morte e con il lutto.

 

La dimensione esistenziale qui emersa interpella la fede comunitaria e la teologia cristiana. Continua Genre: «Il fatto che nella modernità si sia consegnato alla medicina la completa responsabilità della dimensione salute-malattia-guarigione è il segno di un vuoto di riflessione teologica denso di conseguenze» (pp. 15-16). Rimettere al centro della teologia e della prassi liturgica comunitaria lʼessere umano malato, sofferente, bisognoso di ‟saluteˮ, non soltanto quale peccatore bisognoso di ‟salvezzaˮ, diventa allora un compito essenziale rivolto alla chiesa.

Da qui parte un interessante percorso che si dipana, lungo i vari capitoli del libro, attraverso un esame della ritualità nel lutto, la precisazione della particolare dimensione ospedaliera, lʼanalisi della teologia e della prassi protestante circa la preparazione alla morte e la sepoltura, dai padri riformatori attraverso il ʼ600 e il ʼ700, fino a Bonhoeffer e oltre.

 

Riguardo al lutto, uno dei rischi in cui può incorrere la pietà protestante nella sua esigenza di risolvere tutto nella certa speranza della risurrezione, senza cedere a ritualismi che potrebbero sostituirvisi, è il rivolgere alla persona sofferente o prossima alla morte e a tutto lʼambiente circostante una considerazione umana insufficiente. Il rischio cioè che lʼimpellenza di annunciare la grazia divina e la risurrezione riduca al lumicino (come avviene con gli amici di Giobbe) il compito altrettanto importante del “con-dolersi” con chi è nel dolore e nel lutto, rendendo inefficace, in quei frangenti, la consolazione dellʼannuncio.

 

Il libro del prof. Genre è un ottimo stimolo e un appello ad addentrarsi in queste problematiche, tanto sul piano pastorale quanto su quello comunitario, per una rinnovata “pastorale sanitaria” che non resti confinata nellʼospedale ma si radichi nella vita della chiesa stessa.

 

* Ermanno Genre, Salute, malattia e morte. Percorsi di etica e di spiritualità protestante. Torino, Torino, 2024, euro 12,50

 

marco di pa