Cinquanta anni fa Com – Nuovi Tempi

La fusione tra il periodico protestante e quello di un’area “in movimento” della realtà cattolica fu il frutto di un’esperienza irripetibile di ecumenismo non istituzionale

 

Confronti celebra in questi giorni i cinquant’anni della fusione dei due settimanali Nuovi Tempi e Com. Il 6 ottobre 1974 il pastore valdese Giorgio Girardet, fondatore nel 1967 e direttore di Nuovi Tempi, e dom Giovanni Franzoni, direttore del cattolico Com – ex abate benedettino della Basilica di San Paolo Fuori Le Mura e sospeso a divinis per le sue posizioni a favore dell’obiezione di coscienza e poi del divorzio – misero a segno una operazione che ha dell’incredibile, rinunciando entrambi al proprio giornale per costituirne uno comune. Una operazione che tra l’altro intercettò un bisogno reale, visto che si passò in breve dai 5/6000 ai 30.000 abbonati!

 

La decisione della fusione venne presa in pochi mesi, anche se secondo le prassi dell’epoca ebbe diversi passaggi: decine e decine di assemblee dei lettori, consultazioni pubbliche e degli organi proprietari, dibattiti e discussioni anche accese. Lo scopo dichiarato era di far confluire e dare voce al “movimento” che aveva visto la partecipazione di gruppi di protestanti “marginali”, redattori e lettori di Nuovi Tempi, e cattolici di base o “del dissenso” come erano chiamati allora.

 

Un’operazione ecumenica? In parte lo fu, ma secondo modalità e intenti peculiari. Certo non fu un ecumenismo “istituzionale”: non si trattò di far dialogare due realtà ecclesiali mettendo a confronto questioni dogmatiche e pratiche di fede alla ricerca di un terreno comune. Neppure si trattò da parte evangelica della volontà di far conoscere il protestantesimo a un Paese cattolico, ancora fortemente integrista e confessionale. Se fu ecumenismo lo fu in un senso diverso. Così lo spiegava Nuovi Tempi (19/5/1974): «… il dato confessionale (…) viene fortemente relativizzato perché ciascuno è posto dall’evangelo di fronte alla necessità di superare la propria storia e riconoscere le cose nuove che il Signore prepara per il suo popolo. Non era del resto questo lo spirito originario dell’ecumenismo? … un movimento in cui tutte le chiese riconoscevano di doversi convertire e non le une alle altre ma tutte al Signore».

 

La creazione di un unico settimanale fu una conseguenza, lo “sbocco naturale” si disse allora, delle esperienze in cui cattolici e evangelici si erano trovati come credenti fianco a fianco a percorrere un cammino comune all’interno delle lotte e in solidarietà con gli oppressi. Ribadendo che lo scopo del giornale è «riconoscere i segni del Signore che viene in mezzo agli eventi contraddittori del presente», Girardet scriveva il 6 ottobre: «Il giornale nasce dunque come un segno di speranza. Quella salvezza o “liberazione” che Gesù ha compiuto nella sua morte e risurrezione e che l’evangelo annuncia, noi la viviamo già oggi, mentre si realizza nella storia (parzialmente, ma in modo reale) nelle lotte che in tutto il mondo i popoli oppressi e le classi sfruttate combattono per costruire una società più umana»”

 

Il linguaggio, forse desueto, esprimeva la volontà di essere presenti all’interno della società, inseriti nelle sue lotte per la giustizia e i diritti civili e sociali. È difficile per chi non l’ha vissuto rendersi conto di quegli anni, spesso schiacciati nel ricordo dal peso dei successivi anni di piombo… difficile immaginare la tensione ma anche le speranze che mossero alla partecipazione migliaia e migliaia di studenti, operai, insegnanti, donne, intellettuali, artisti, ecc.

 

Furono anni tumultuosi, ricchi di creatività e novità radicali, immaginazione, discussioni, battaglie ideologiche, scontri ideali, a volte materiali; anni conflittuali che generarono reazioni e controreazioni anche cruente: solo nel 1974 ci furono due tentativi di colpo di stato e due attentati fascisti: a maggio quello di piazza della Loggia e ad agosto l’Italicus. Un decennio, a dalla fine degli anni ’60, che trasformò in profondità la società italiana in tutti i suoi ambiti inclusi quelli ecclesiastici.

 

Mentre i protestanti, dopo anni di dibattiti sul nodo fede e politica, stavano lavorando alla costituzione della Federazione delle chiese evangeliche (la prima fu quella giovanile, la Fgei), in ambito cattolico la Chiesa di Roma uscita dal Vaticano II registrò sommovimenti profondi e mobilitazioni di grandi entità: già nel ’69-70 con l’Isolotto prendevano vita le prime Comunità di base. Nel ’72, dalla crisi de Il Regno, nasceva il settimanale Com; mentre circa duemila preti davano vita al Movimento del 7 novembre (che terrà la sua prima assemblea nell’Aula Magna della Facoltà valdese di Teologia a Roma). Il 1973 sarà l’anno di una ulteriore diffusione del “dissenso” cattolico, delle sue comunità che si diedero una struttura di collegamento e del coordinamento delle riviste cattoliche e protestanti (Idoc, Testimonianze, Nuovi Tempi, Com, Gioventù Evangelica, ecc.) (https://patrimonio.archivioluce.com/luce-web/detail/IL5000085090/2/la-diffusione-comunita-evangeliche-movimento-7-novembre-3.html&).

 

Su un versante più “politico” il 1973 segnò l’infrangersi dell’unità del mondo cattolico incarnato dalla Democrazia cristiana: un colpo decisivo venne dalla vittoria del “no” del referendum sul divorzio del maggio ’74 (vero terreno di esperienze condivise tra protestanti e cattolici), seguito il 21 settembre dalla nascita dei Cristiani per il Socialismo. Quattro mesi dopo nascerà COM Nuovi Tempi!

 

Certo 50 anni sono tanti, troppe le cose cambiate per rintracciare parallelismi, analogie o somiglianze. Non esiste più il “movimento”, finita la lotta di classe, chiusi gli orizzonti, negata qualsiasi possibilità di alternativa al quadro economico e politico attuale: difficilissimo coltivare la speranza in un mondo più giusto, tanto che perfino riconoscere i “segni dei tempi” appare utopistico. Eppure, anche oggi come allora le vittime delle guerre e delle tante ingiustizie richiedono ascolto, solidarietà, vicinanza e un annuncio che – come recita la Confessione di fede di Accra pronunciata tutti insieme nel culto di apertura del sinodo valdese-metodista di quest’anno – sappia porsi con coraggio a fianco degli oppressi nella prospettiva della giustizia e della pace.