Aids pediatrico, mai più

Un rinnovato impegno delle chiese mondiali per debellare l’Aids nei bambini entro il 2030

 

In un momento in cui le crisi globali rischiano di distogliere l’attenzione dai problemi sanitari critici, l’annuale «Colazione» delle Comunità di Fede, tenutasi il 26 settembre presso lo Yale Club di New York City, accanto all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (Unga), ha riaffermato la necessità di dare priorità ai bambini nel mondo attraverso la lotta globale contro l’Hiv.

 

Co-ospitato da Unaids, e dal Piano di emergenza del presidente degli Stati Uniti per il soccorso contro l’Aids (Pepfar) e dal Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), l’incontro ha riunito leader religiosi, politici e molti sostenitori di attività a favore della salute, per sottolineare il ruolo vitale delle organizzazioni religiose nella lotta all’Aids e sostenerne lo slancio verso un futuro.

 

I relatori principali dell’evento – tra cui l’ambasciatore del Pepfar, il dottor John Nkengasong, la vicedirettrice esecutiva dell’Unaids Christine Stegling, e il vescovo Leah D. Daughtry, prelato statunitense che presiede le Chiese della Casa del Signore –, hanno sottolineato l’importanza dei partenariati e della collaborazione in un mondo in cui le risorse per la prevenzione e il trattamento dell’Hiv stanno diminuendo.

 

«Il progresso non è necessariamente motore di successo», ha affermato Nkengasong, sottolineando la continua vulnerabilità dei bambini all’Hiv, anche se i nuovi progressi nelle cure forniscono molta speranza.

 

Wendy Ramirez, una giovane donna affetta da Hiv dell’Honduras, ha condiviso la sua storia personale di superamento dello stigma e della discriminazione. «Molti bambini nati con l’Hiv vengono spesso abbandonati dalle loro famiglie – ha affermato – sottolineando l’importanza dell’istruzione e del sostegno per i giovani che convivono con il virus. I bambini – ha proseguito – proprio come, me hanno bisogno di un ambiente sicuro e di sostegno per crescere e prosperare. Non possiamo permettere che l’Hiv porti loro via il futuro», ha detto.

 

Daughtry ha chiesto un’azione decisa da parte delle comunità religiose, esortando i partecipanti «non solo a fornire speranza, ma anche a impegnarsi attivamente nella risposta all’Hiv. Siamo chiamati ad essere più che voci di speranza: dobbiamo essere forze di cambiamento. Non è sufficiente riconoscere le sfide; dobbiamo agire, uscire allo scoperto e svolgere il lavoro che garantisce che ogni bambino sia protetto; anche se dovesse trattarsi di un solo bambino».

 

Le sue osservazioni hanno poi sottolineato il ruolo fondamentale dei leader religiosi nella costruzione di partenariati e nella promozione della collaborazione con una rinnovata attenzione «nel mettere i bambini al primo posto e nel trasformare il futuro attraverso sforzi collettivi».

 

Stegling, ha fatto eco a questo invito all’azione ricordando al pubblico presente l’obbligo morale di proteggere i più vulnerabili: «La morte di qualsiasi bambino a causa dell’Aids non è solamente una tragedia, è anche un oltraggio. Possiamo e dobbiamo fare di più». Sottolineato l’Alleanza globale per porre fine all’Aids nei bambini: un’iniziativa di collaborazione guidata da dodici nazioni africane, che ha già mostrato progressi significativi nella riduzione delle infezioni pediatriche.

 

L’evento è servito dunque a ricordare la continua necessità di un impegno globale per porre fine all’Aids entro il 2030, in particolare attraverso investimenti nei programmi pediatrici contro l’Hiv.

 

Il Consiglio ecumenico delle chiese lavora con diverse comunità di fede per rafforzare la risposta comune alle lacune nell’HIV pediatrico.