Religione cattolica a scuola. Il rischio di un monoconfessionalismo di Stato

Un approfondimento a cura di Ilaria Valenzi, consulente legale e responsabile dello Sportello Scuola Laicità e Pluralismo della Federazione delle chiese evangeliche in Italia 

 

L’avv. Ilaria Valenzi, consulente legale della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) – nonché responsabile dello Sportello Scuola Laicità e Pluralismo della stessa Fcei – affronta il tema dell’insegnamento confessionale nelle scuole pubbliche italiane. Nel suo saggio, disponibile integralmente qui di seguito, Valenzi esplora le sfide e le criticità che studenti e famiglie incontrano nel rivendicare il diritto a un’istruzione laica, in un contesto sociale sempre più plurale.

 

Con uno sguardo approfondito, l’autrice evidenzia la necessità di ripensare l’insegnamento della religione, proponendo alternative che rispecchino la diversità culturale e religiosa del paese, per garantire una scuola inclusiva e rispettosa dei diritti di tutti. Circa 1,1 milioni di studenti hanno scelto di non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica (IRC) nell’anno scolastico 22/23; quasi 950.000 alunni sono senza cittadinanza italiana.

 

Una significativa percentuale di loro professa religioni diverse dal cattolicesimo. In questo contesto, il saggio di Valenzi sottolinea quanto il tema del pluralismo religioso sia centrale per il futuro della scuola italiana. A contribuire al dibattito, anche in ambito cattolico, è monsignor Derio Olivero, presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo, che offre una prospettiva innovativa: ripensare l’insegnamento della religione con un approccio dialogico, ecumenico e interreligioso.

 


L’ora di religione: dati, contesto, prospettive

a cura di Ilaria Valenzi

 

Con l’inizio dell’anno scolastico torna l’attenzione sul tema dell’insegnamento confessionale nella scuola pubblica. L’appuntamento con la ripresa delle lezioni pone di fronte alla comunità scolastica questioni non nuove, sebbene rinnovate sotto molteplici punti di vista. Altre se ne aggiungono, come portato di una società sempre più plurale, che mostra tutto il suo potenziale in termini di integrazione e democraticità, ma che rischia di subire importanti battute d’arresto.

 

Certamente non nuove sono le numerose difficoltà che chi sceglie di non avvalersi dell’Insegnamento della Religione Cattolica (IRC) incontra nell’esercizio di questo diritto.  Lo sportello scuola, laicità, pluralismo della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) è stato istituito con la finalità di supportare quanti necessitino di una consulenza legale per affrontare le situazioni di mancato rispetto o potenziale violazione della legislazione in materia. Registriamo come spesso le situazioni di disagio si annidino in cattive abitudini degli istituti scolastici e prassi dure a morire: ritardi nell’erogazione dell’insegnamento della materia alternativa; carenza di insegnanti; stallo nella programmazione dell’orario delle lezioni; mancata individuazione di spazi adeguati ad ospitare gli studenti non avvalentisi.

 

Questioni che possono prolungarsi anche per mesi, con evidente violazione dei principi di base della normativa in materia. Nel tempo, diversi interventi delle Corti hanno costruito una disciplina più attenta alla tutela dei diritti di chi non opta per l’IRC. Non sempre l’amministrazione pubblica mostra adeguata comprensione e non di rado si registrano posizioni di arroccamento. L’intervento della FCEI, a partire dal 2023, attraverso lo Sportello, ha contribuito a risolvere numerose situazioni problematiche, mentre se ne affacciano di nuove, per le quali occorre un’affermazione chiara della prevalenza della piena tutela del diritto di libertà di coscienza e religione sulle esigenze organizzative degli istituti scolastici e, soprattutto, sulla tutela aprioristica della maggioranza. 

 

A latere delle questioni legate all’IRC, desta preoccupazione lo stato dell’insegnamento della nuova materia curriculare dell’educazione civica, troppo spesso appaltata agli insegnanti di religione cattolica, con evidenti corto circuiti: dalla definizione dei programmi alla gestione dell’orario; dalla presenza obbligata degli studenti non avvalentisi durante l’ora di IRC ai criteri per la loro valutazione.

 

Non ultime, le linee guida del Ministero dell’istruzione in materia, se fino allo scorso anno mostravano un chiaro indirizzo pedagogico teso a processi di inclusione e formazione alla cittadinanza democratica mediante la conoscenza dei principi costituzionali e delle carte internazionali, a partire dal nuovo anno scolastico presentano innovazioni cui è bene prestare attenzione: si pensi alla la valorizzazione del concetto di Patria e di identità italiana o al “Made in Italy” e alla valorizzazione delle tradizioni territoriali. Salvo ogni valutazione nel merito, è bene chiedersi allora come oggi, quali competenze in materia gli insegnanti di religione cattolica possano vantare e se l’idea di una formazione all’identità italiana passi anche attraverso l’affermazione di un rinnovato monoconfessionalismo di Stato. Questioni che ci rimandano ad un’epoca lontana, che non crediamo possibile sottoporre a rivalutazioni di nessun tipo.

 

Queste ed altre questioni, tuttavia, non si limitano a descrivere la fatica del quotidiano, ma ci riportano al nodo centrale che necessita di essere affrontato con urgenza: l’individuazione del significato di un insegnamento confessionale in un’Italia sempre più plurale e le possibili strade alternative che siamo in grado di proporre.

 

Il tema emerge con forza se si osservano trasversalmente alcuni dati: gli alunni senza cittadinanza italiana sono circa 950000; di questi è ragionevole stimare che una quota importante professi una religione diversa dalla cattolica romana. La percentuale di coloro che non si sono avvalsi dell’IRC nell’anno scolastico 2022/2023 è del 15,5% (dati Ministero dell’Istruzione), cifra che corrisponde a circa 1,1 milioni di studenti. Il divario Nord-Sud è significativo, in particolar modo nelle grandi città: il 37,92% degli studenti fiorentini non si avvale dell’IRC, mentre in Basilicata il tasso dei non avvalentisi non arriva al 3%. I numeri salgono con l’età, con una netta prevalenza dell’esercizio dell’opzione per le scuole primarie di secondo grado.

 

La scuola media con il tasso più alto di studenti non avvalentisi è Torre Pellice (84,57%); per le superiori l’Ipsia Olivetti di Ivrea (90,53%). Numeri a parte, il trend è chiaro: l’insegnamento della religione cattolica mostra importanti segni di debolezza. Il tema non riguarda più soltanto le minoranze religiose storiche, a partire da quelle evangeliche, che hanno strenuamente difeso negli ultimi 40 anni i diritti degli studenti e delle famiglie di scegliere di non frequentare un insegnamento confessionale; oggi importanti presenze religiose rendono la questione centrale per il modello di scuola pubblica e di società che vogliamo costruire.

 

Non da ultimo, il tema della secolarizzazione. La piena affermazione della libertà di coscienza passa anche attraverso il diritto di scegliere di non essere sottoposti a nessun insegnamento religioso e a nessuna pratica confessionale. Quanto ciò si risolva mediante una totale espulsione della conoscenza dei fenomeni religiosi dai percorsi scolastici è tuttavia tema che va posto, a fronte della già richiamata presenza di un nuovo pluralismo religioso che necessita di essere conosciuto. L’altissimo tasso di analfabetismo religioso in Italia, rilevato anche grazie al contributo delle chiese evangeliche storiche, continua a destare allarme e costituisce il terreno fertile per la crescita di fenomeni di odio e politiche di esclusione.

 

Nelle ultime settimane qualcosa di rilevante sta tuttavia accadendo. La riflessione sui modelli di insegnamento del fenomeno religioso ha ripreso spazio all’interno del dibattito accademico e una consultazione intorno ai temi dell’insegnamento delle religioni, a partire da quelle abramitiche, è attualmente in corso.  Ma ancora più rilevante è un ulteriore intervento pubblico, che ci chiama come chiese a porci delle questioni e ad esprimerci con urgenza. Dall’osservatorio privilegiato che gli proviene dall’essere Presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo della CEI, monsignor Derio Olivero ha voluto condividere delle riflessioni importanti sull’assetto dell’insegnamento della religione cattolica in Italia e sulla sua possibile revisione (intervento su Insegnamento, religioni, spazio laico. Verso un nuovo statuto dell’‘ora di religione’ nella scuola pubblica – Derio Olivero – Vita e Pensiero – Articolo Rivista del Clero Vita e Pensiero ndr).

 

Ciò a partire dal riconoscimento del nuovo pluralismo religioso in Italia e dalla necessità, per la cristianità, di ripensare la propria presenza in un contesto sociale mutato. La riflessione si inserisce all’interno di un percorso più ampio che accompagna il cammino dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso e che riguarda il ruolo delle religioni nella società. A quarant’anni dalla revisione del Concordato, l’insegnamento della religione va ripensato, afferma il vescovo, riconoscendo e includendo in questo ripensamento le altre religioni e coloro i quali sono in ricerca. In questo senso, nella società italiana post secolare le dinamiche religiose sono vive e a volte imprevedibili, l’offerta religiosa diversificata nelle forme e nella sostanza, il rischio di fondamentalismi presente.

 

Le religioni hanno una rilevanza pubblica essenziale, che non può essere sottovalutata e che svolge una funzione centrale per la coesione sociale. In questo senso, l’insegnamento della religione può svolgere un ruolo fondamentale. La riflessione che ci offre il vescovo Olivero parte dal presupposto che la Chiesa cattolica sia in grado di ripensare il suo ruolo educativo e che tale ripensamento sia diretto alla formazione non tanto dei credenti, quanto dei cittadini. In questo senso il pluralismo religioso diventa un “tema educativo”, che chiede ai cittadini di imparare a relazionarsi con il fatto religioso e a non evitare il confronto con le diversità. Una cultura religiosa non può, pertanto, non essere altro che plurale e una conoscenza del fenomeno religioso potrà aiutare tutti, credenti o non credenti, a stare insieme in una società coesa nelle sue differenze. Da qui un chiaro passo verso un ripensamento dell’insegnamento della religione cattolica, che superi l’impianto voluto dall’accordo di Villa Madama, che vuole ancora oggi l’insegnamento confessionale giustificato dal cattolicesimo come patrimonio storico del popolo italiano. Si tratta, pertanto, di immaginare un nuovo statuto dell’insegnamento della religione, che veda la Chiesa Cattolica fare un “passo indietro, rinunciando a uno spazio che le spetta di diritto in nome del Concordato, per aiutare la società a fare un passo avanti”. Ciò che aspetta le religioni che vorranno essere presenti nello spazio pubblico è una mutazione nel modo in cui tale presenza potrà avvenire, che potrà essere soltanto secondo una chiave dialogica, ecumenica e interreligiosa. L’insegnamento della religione a scuola non può, pertanto, nella proposta di Olivero, essere delegato a “qualcuno, ma assunto dallo stato e dalle religioni, senza concorrenza e senza paura di invasioni di campo, nel rispetto delle tradizioni”.

 

Questa proposta si rivolge a tutte le componenti della società italiana e pertanto anche alle chiese evangeliche. Un’apertura al dialogo secondo la prospettiva delineata da Olivero è forse senza precedenti nel nostro paese e richiede una riflessione matura e consapevole. Nel corso degli ultimi 30 anni la FCEI è stato un luogo privilegiato di osservazione e confronto sul tema. L’eredità lasciata dall’elaborazione teorica e dal lavoro sul campo dell’Associazione 31 ottobre è una ricchezza su cui costruire linee di riflessione valide per l’oggi. In questo senso, il dibattito intorno al miglior modello per la formazione al pluralismo religioso si è articolato intorno alla dicotomia tra alcune proposte sull’insegnamento della storia delle religioni e l’individuazione di specifici profili di approfondimento del tema religioso entro i più ampi programmi scolastici.

 

Tali proposte sono state sviluppate a partire dal dato di fatto di un’impossibilità di dialogo intorno ad un ripensamento globale della materia, che avrebbe dovuto prevedere la chiesa cattolica come interlocutore privilegiato. La prospettiva sembra ora muovere da un diverso presupposto, che richiede pertanto una possibile diversa impostazione. In questo senso, la FCEI vuole favorire un dialogo fraterno entro le chiese e giungere ad una posizione condivisa, che sappia interpretare il tempo attuale e porsi di fronte agli interlocutori con spirito innovatore e responsabile.