L’ennesima tragedia in mare

Il Mediterraneo si conferma una delle rotte più letali al mondo. Necessaria l’attivazione di un sistema di ricerca e soccorso e l’apertura di vie regolari di accesso in Europa

 

Da Lampedusa arriva la notizia di un altro drammatico naufragio. Sarebbero 7 le persone sopravvissute, sbarcate sull’isola ieri e partite dalla Libia.  Una ventina invece i dispersi, tra cui anche minori e bambini.

 

A darne notizia Mediterranea Hope (Mh), il programma rifugiati e migranti delle Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), presente sull’isola da dieci anni con un Osservatorio sulle migrazioni. Gli operatori di Mh forniscono anche aiuti primari alle persone che giungono al molo Favaloro.

 

Solo pochi giorni fa la coordinatrice di Mh, Marta Bernardini, in occasione del Sinodo delle chiese metodiste e valdesi tenutosi a Torre Pellice in provincia di Torino, aveva lanciato un nuovo allarme ricordando che, propaganda politica a parte per quanto avviene nell’isola, dall’altra, «gli sbarchi, i transiti e le morti continuano. Per questo – aveva detto – è necessario cercare nuove vie legali di accoglienza e di accesso in Europa, perché la chiusura delle frontiere, basata su un concetto distorto di “sicurezza”, esclude sorelle e fratelli. Con l’aumento dei movimenti migratori, le chiese devono alzare la voce, aprirsi con coraggio: inizialmente abbiamo promosso i corridoi umanitari dal Libano, poi dalla Libia, dal Pakistan e dall’Iran, attiveremo quelli dal Niger. Le vie di accesso devono essere sempre più numerose: i corridoi umanitari sono solo uno strumento, non devono essere l’unico. Come chiese, vogliamo aiutare i vulnerabili e non solo con l’accoglienza, ma con l’inserimento».

 

Il Mar Mediterraneo è una delle rotte più letali al mondo: sono oltre 30.200, secondo dati Onu, i morti e dispersi in mare nel Mediterraneo dal 2014 ad oggi, molti dei quali minori.